Saluto romano, le motivazioni della Cassazione: «È reato se c’è un concreto rischio di riorganizzazione del partito fascista»

Secondo le Sezioni Unite, il gesto può avere rilevanza penale anche a un evento commemorativo e se vi sono condizioni che rendono concreto il pericolo di emulazione

A distanza di tre mesi dalla sentenza della Corte di Cassazione nel caso della commemorazione organizzata nel 2016 a Milano per l’omicidio di tre esponenti di destra negli anni Settanta, le Sezioni Unite hanno depositato le motivazioni che chiariscono quando il saluto romano ha rilevanza penale. In particolare, quando il gesto può essere considerato in contrasto con la legge Scelba del 1952 che introdusse il reato di apologia di fascismo e la legge Mancino del 1993, che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza e la discriminazione. Secondo i giudici della suprema corte, il saluto romano può essere considerato reato a talune condizioni che rendano concreto il «pericolo di emulazione». Così scrivono nella sentenza a sezioni riunite: «La condotta tenuta nel corso di una pubblica riunione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel cosiddetto “saluto romano” integra il delitto previsto dall’articolo 5» della legge Scelba «ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista». I giudici che devono o dovranno esprimersi su casi analoghi dovranno valutare «il contesto ambientale, la valenza simbolica del luogo, l’immediata o meno ricollegabilità al periodo storico, il numero dei partecipanti, la ripetizione dei gesti» per stabilire se si tratti di «manifestazioni esteriori», solo di facciata, o attuino il concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. È reato quando emergano le intenzioni di una chiara propaganda di idee «fondate sulla superiorità o sull’odio razziale ed etnico e sulla violenza». La Cassazione precisa poi che di per sé il carattere «commemorativo» dell’evento nel quale vengono espresse queste manifestazioni non basta a «neutralizzare il reato», né determiano una «automatica insussistenza del reato». Nel caso specifico, la Cassazione è intervenuta sul ricorso di otto militanti di estrema destra per i quali hanno disposto un processo di appello bis, essendo però intervenuta la prescrizione lo scorso 27 febbraio. Il tema è tornato centrale quando, lo scorso 7 gennaio, si è tenuta l’annuale commemorazione per il raduno in via Acca Larenzia a Roma.


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