I fan di Taylor Swift hanno creduto che una canzone del nuovo album fosse opera dell’AI

Tutto è partito dall’insolito testo della title track di The Tortured Poets Department: «You smoked then ate seven bars of chocolate / We declared Charlie Puth should be a bigger artist»

Ieri è uscito il nuovo album di Taylor Swift: The Tortured Poets Department. Il disco sta già scalando le classifiche ma questo non è l’unico effetto dell’hype generato dalla cantante statunitense. Nelle ore precedenti l’uscita, annunciata via Instagram da Swift, aveva iniziato a circolare un link di Google Drive contenente alcune delle 31 canzoni che oggi sono disponibili sulle piattaforme di streaming. I fan, riporta Wired, si erano presto divisi, tra coloro che ritenevano irrispettoso e scorretto ascoltare l’anteprima illegale, e quelli che invece non hanno saputo resistere alla tentazione. Tra questi ultimi, però, qualcuno ha creduto di essere caduto in un tranello. Ascoltando i nuovi pezzi, infatti, la sensazione era quella di chi nota qualcosa di strano. Stranezza che per molti era semplicemente l’intelligenza artificiale, accusata di essere autrice di pezzi fasulli, appositamente creati per diffondersi sfruttando la trepidazione degli swifties.


Il testo troppo strano per essere vero

Tutto è partito dalla title track, in cui Swift canta: «You smoked then ate seven bars of chocolate / We declared Charlie Puth should be a bigger artist». Secondo i fan, il riferimento è chiaramente all’ex compagno della cantante: il cantautore Matty Healy. Presto si sono moltiplicati i post su X in cui la teoria prendeva corpo, mentre tra i commenti serpeggiava il sospetto dell’audio deepfake: «Non può essere un leak, sa di leggenda metropolitana ed è sicuramente AI», ha scritto un fan. «Questa è intelligenza artificiale assolutamente, ha risposto un altro». Pubblicato l’originale, i fan si sono resi conto che la canzone era effettivamente un brano della popstar che ha sorpreso il pubblico con un doppio album e i rumor si sono placati. L’impatto relativamente piccolo, però, non deve trarre in inganno, perché dimostra che siamo già entrati in un’era in cui non solo l’opera dell’intelligenza artificiale può essere scambiata per quella umana, ma anche l’inverso, aprendo le porte a un mondo in cui ciò che sembra troppo strano per essere vero può essere derubricato come frutto dell’AI.


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