I calci in faccia, la violenza sessuale, le cinghiate sui genitali: l’inchiesta sui baby detenuti pestati al Beccaria di Milano

13 agenti della polizia penitenziaria in carcere. I racconti dell’orrore

«Hanno spaccato un mio amico, giuro. C’aveva qua sul labbro l’impronta degli stivali. Quello che so, quello che ho visto con i miei occhi. Delle guardie gli hanno spaccato la faccia con gli stivali». Tredici agenti della polizia penitenziaria sono finiti in carcere con l’accusa di violenze nella struttura minorile Cesare Beccaria di Milano. Altri otto sono stati sospesi dal servizio. Tra cui l’ex comandante Francesco Ferone. Che avrebbe «agevolato, contribuito, favorito e coperto le condotte violente integranti i ripetuti maltrattamenti anche attraverso false relazioni di servizio». Le accuse sono lesioni, maltrattamenti, tortura, falso e una tentata violenza sessuale.


Le videocamere

La Stampa racconta che la vicenda inizia con una denuncia del garante dei detenuti Franco Maisto il 24 marzo 2023. La segnalazione partiva da una psicologa e dalla madre di un ex detenuto. L’inchiesta è delle pubbliche ministere Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena. Le violenze avvenivano nell’ufficio del capoposto. Perché privo di telecamere. Ma anche nelle celle dell’area ristrutturazione. Un ex baby detenuto racconta che «ai maggiorenni non succedono le cose che succedono ai minorenni. Ti picchiano senza motivo ma ti picchiano proprio». Uno di loro racconta alla madre che gli hanno spaccato la faccia. Arrivano le intercettazioni. «Mo’ ci inculano. Perché prima non c’erano le videocamere, si trovavano le scuse “sì il ragazzo c’ha aggredito, bla bla bla bla bla bla” e ma mo’ non è più come una volta… Le telecamere parlano…E come cazzo ti giustifichi?», dice uno degli intercettati.


Le testimonianze

Le testimonianze fanno paura: «Sono arrivati sette assistenti, mi hanno messo le manette e mi hanno cominciato a colpire. Me le hanno messe coi polsi dietro la schiena. Io ho un problema alla spalla sinistra e mettendomele con forza mi è uscita, mi è uscita la spalla… Gli dicevo “Per favore toglietemi queste manette che mi sta uscendo la spalla”. Hanno cominciato a darmele, con forza. Il primo colpo è stato uno schiaffo, il secondo un pugno, il terzo è stato un calcio nelle parti intime e da lì ho visto tutto nero, vedevo tutto nero. È l’ultima cosa che ricordo… Mi hanno sputato addosso». Un altro finisce nei guai perché accusato di incendio: «Hanno detto che era colpa mia. Mi hanno chiuso nell’ufficio del capoposto privo di telecamere». Poi lo picchiano a mani nude e lo colpiscono ripetutamente «con le punte degli stivali che hanno scarpe pesanti, mi hanno sollevato così, proprio come niente, con le manette da dietro». Aveva «il labbro aperto e l’occhio destro nero» e la mattina dopo aveva «segni sulle braccia» e «dolori ai genitali per due settimane».

Sei contro uno

Successivamente finisce in isolamento. E nella cella non c’è nemmeno il materasso per dormire. Infine c’è la violenza sessuale. Succede il 7 novembre 2023: «Mi sono svegliato all’improvviso perché uno degli agenti mi ha messo la mano sul sedere. Io stavo dormendo in mutande, faceva molto caldo. Gli ho chiesto: “Cosa vuoi?” e lui mi ha sussurrato: “Stai tranquillo, voglio solo fare l’amore con te”». Il ragazzo reagisce: «L’ho colpito con diversi pugni per fermarlo». A quel punto per punirlo il giorno dopo si presentano in sei: tre di loro sono fuori servizio. Gli spruzzano spray al peperoncino, lo pestano, lo portano in un’altra cella di isolamento e lo prendono a cinghiate sui genitali fino a farlo sanguinare.

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