L’agente della polizia penitenziaria «accusato di essere gay»: «Umiliato con interrogatorio e colloqui psichiatrici»

La storia di Francesco, 34 anni, l’agente scelto della Polizia penitenziaria del carcere di Vicenza costretto a sottoporsi a visite psichiatriche perché si voleva «fare chiarezza sulla sua personalità»

Francesco, 34 anni, è l’agente scelto della Polizia penitenziaria del carcere di Vicenza costretto a sottoporsi a visite psichiatriche perché si voleva «fare chiarezza sulla sua personalità». Ovvero sapere se fosse o meno gay. Il Tar gli ha dato ragione e gli ha riconosciuto un risarcimento morale. Ma lui dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera che nessuno gli ha chiesto scusa per averlo umiliato e messo alla gogna. Francesco racconta come è iniziata la sua storia: «Un giorno un ispettore mi convoca nel suo ufficio e inizia a farmi domande strane sulla mia famiglia e se fossi felice. Poi d’un tratto mi chiede “ma tu sei attratto dagli uomini?” Io rimango sbigottito. Dico di no e lui insiste».


La storia

L’ispettore gli spiega il motivo di quelle domande «il giorno dopo. Sono stato nuovamente convocato dall’ispettore e dal comandante. Mi hanno detto che un paio di detenuti mi accusavano di aver fatto loro delle avances. In pratica, mi hanno sottoposto a un interrogatorio scambiandosi sorrisini: “Ammettilo, non c’è niente di male. Se lo ammetti, finisce qui”. Ma perché dovevo dire il falso?». Poi viene convocato dal direttore in presenza di un medico: «Mi spiega che avrei dovuto sottopormi a dei colloqui psichiatrici per capire se fossi omosessuale. Insisto nel dire che non è così e mi sento rispondere “staremo a vedere”». In ospedale, dice, erano invece imbarazzati: «Ma nella relazione del comandante c’era scritto che dovevano fare “chiarezza sulla mia personalità” e non potevano respingere la pratica».


I colleghi

A quel punto non ha prestato servizio per un paio di mesi, «e quando sono rientrato mi hanno assegnato un incarico che non fosse a contatto con i detenuti, nonostante dai test non fosse emerso nulla». I colleghi «sono stati una grande delusione. Mi passavano davanti e si davano di gomito. Tanti sono spariti, mi evitavano. Anche la mia famiglia ha subito questo clima discriminatorio. Alla fine ho chiesto il trasferimento». Ora del suo caso si occupa il sindacato Osapp: «Sì, vogliono portare la vicenda all’attenzione del ministro Nordio. Quello che mi è accaduto è inaccettabile. Il nostro è un lavoro difficile: ho un carattere forte e ho reagito. Ma di recente un collega si è tolto la vita perché veniva deriso per la sua omosessualità. Questo non deve accadere».

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