In Evidenza Alessandro GiuliGoverno MeloniLegge di bilancio
POLITICAAfricaElezioni europee 2024EUtopiaIntervisteItaliaItalia, EuropaMarco RizzoNATOPartito ComunistaRussiaUcrainaUnione europeaUSAVideoVladimir Putin

Marco Rizzo, l’eredità del Pci si tinge di rossobruno: «L’Italia esca da Ue e Nato, gli africani restino in Africa. Putin invasore? Il vero pericolo sono gli Usa» – L’intervista

20 Maggio 2024 - 17:46 Simone Disegni
L'ex leader comunista ora guida alle Europee la lista Democrazia sovrana popolare. «Meloni? Una sovranista di cartone. Uniremo noi il popolo contro finanza e potentati»

Europee 2019 vs Europee 2024: trova le differenze. Una per tutte: cinque anni fa i partiti all’arrembaggio per il voto facevano a gara a chi si mostrava più euroscettico. Italexit, Frexit e così via. L’uscita dall’Ue era considerata una seria opzione politica da alcuni dei maggiori partiti in corsa: dalla Lega di Salvini all’Afd, dal Front National di Marine Le Pen al Fidesz di Viktor Orbán. Guidava il fronte spacca-Ue l’Italia populista del governo giallo-verde, in un’Europa tramortita da Brexit e Donald Trump. Cinque anni dopo – una pandemia, un Next Generation EU e la guerra alle porte a stravolgere tutto – nessuno di quei protagonisti osa più evocare il tema. Sovranità nazionale sì, ma dentro l’Unione, che è meglio. Eppure in Italia qualcuno che predica ancora la rottura dei vincoli e l’uscita dall’Ue c’è: la lista «Democrazia sovrana e popolare» capitanata da Marco Rizzo. Dopo un tour de force di raccolta firme e una battaglia giudiziaria al Tar del Lazio, sarà in campo solo nel Centro Italia. «Ci hanno impedito di esserci nel resto d’Italia, ma va bene così, ci sarà da divertirsi», lancia la sfida Rizzo parlando con Open dalla sua casa di Rovereto. Figlio di operai, una vita in politica da comunista, sempre in partiti che quel marchio di fabbrica (appunto) lo portavano con orgoglio nel nome – dal Pci a Rifondazione, dal Pdci al Partito comunista – da un paio d’anni a questa parte Rizzo ha cambiato parola d’ordine, presentandosi come leader del fronte del «sovranismo popolare». Sfida totale anti-élites che non conosce frontiere destra/sinistra, ma un solo obiettivo: «Scardinare la grande finanza e i potentati che governano il mondo». Ue e Nato comprese, s’intende. Tendenza rossobruno, riassume di norma la stampa con timbro criptico. Come quella interpretata in Slovacchia da quel Robert Fico rimasto vittima di un tragico attentato (l’intervista avviene alla vigilia). Di certo Rizzo non ha remore a bastonare i partiti maggiori d’ogni tendenza, a partire da quelli al governo che definisce «sovranisti di cartone», e a dialogare pubblicamente coi nemici giurati di un tempo, a partire dal vecchio neofascista mai pentito Gianni Alemanno. Ma il sovranismo «vero» e davvero utile è quello che predica lui, spiega a Open in questa conversazione senza rete.

Democrazia Sovrana Popolare è in corsa per le Europee, ma solo al Centro. Nulla da fare al Sud, nonostante lo sforzo di raccolta firme. Cos’è successo? 

«È successo che quello che l’Unione europea dice poi non fa, perché la Convenzione di Venezia e tutti gli altri Trattati dicono che le leggi elettorali negli Stati dell’Ue non si possono cambiare nell’anno delle elezioni. E invece da noi la legge è stata cambiata il 27 marzo. Risultato: l’esonero che ci avrebbe parificato con i partiti presenti in Parlamento, evitandoci la follia di dover raccogliere decine di migliaia di firme, è saltato con un emendamento votato da destra e da sinistra, Cinque Stelle compresi. Così ci siamo trovati nelle condizioni di raccogliere 75mila firme. Ne abbiamo raccolte 60mila. Siamo passati al Centro e pure al Sud, dove avevamo oltre 18.000 firme. Ma ne abbiamo raccolte solo mille in Molise, e la legge oltre al numero spropositato di firme richiede anche una percentuale minima per ogni regione: l’han fatta apposta perché nessun altro possa accedere. Ma prima o poi arriviamo, non c’è problema. Sono molto felice di essere capolista al Centro – Toscana, Marche, Umbria, Lazio – perché è lì che si giocherà la battaglia con tutti i leader in corsa, dalla Schlein alla Meloni. Ci sarà da divertirsi». 

Per lunghi anni, ben oltre la caduta del Muro, lei ha portato avanti testardamente il «brand» del comunismo. Ora la sterzata in direzione della «democrazia sovrana popolare». L’ideale comunista finisce definitivamente nel cassetto dei ricordi?

«Il mondo è cambiato rapidamente in questi tre anni. Siamo dentro la Terza guerra mondiale; la vicenda del Covid ha cambiato il rapporto tra sanità pubblica, controllo sociale, democrazia e libertà. E questi grandi cambiamenti necessitano quella che qualcuno di più importante di me (Lenin, ndr) definiva «l’analisi concreta della situazione concreta». La politica dev’essere adeguata ai tempi. Oggi la declinazione moderna, per uno che ha la mia storia, è quella del sovranismo popolare. Oggi il ceto medio, che la classe operaia nel secolo scorso osteggiava, si sta depauperando, proletarizzando. Noi vogliamo unire gli operai, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, ma anche i professionisti, gli artigiani, i commercianti, i piccoli imprenditori. Stiamo parlando del 90% del popolo. Sarà per questo che facciamo paura, ma la nostra teoria dice che oggi il popolo può più facilmente unirsi contro un solo nemico, la grande finanza e i potentati che governano il mondo».

Ambizioso, ma concretamente cosa proponete per combattere quel depauperamento?

«Innanzitutto la rottura dei Trattati europei. Noi siamo per l’uscita dall’Unione europea, siamo per l’uscita dall’Euro, e siamo convinti che la forza economica dell’Italia possa rompere questa gabbia. Siamo convinti che la sovranità oggi sia il moderno strumento progressivo per ridare forza ai popoli». 

Ma se è vero che siamo dentro alla Terza guerra mondiale, un’Italia fuori dall’Ue e dall’Euro non diventerebbe immediata preda di quegli imperi che si contendono volentieri pezzi d’Europa – dalla Russia alla Cina agli stessi Usa?

«L’Europa è già preda degli Stati Uniti. La guerra degli Usa con la Russia tramite la povera Ucraina è già una guerra economica nei confronti dell’Ue e dell’Italia. L’Italia prendeva gas a basso costo dalla Russia: oggi continua a comprare gas russo, pagandolo solo di più perché passa dalla Tunisia e dall’Algeria, e in Piazza compra quello americano – lo shell gas – che costa quattro volte di più. Non mi pare questo schieramento sia stato conveniente per l’Italia, né per la Germania o gli altri Paesi europei. Quanto all’idea che qualcuno ci vorrebbe invadere, mi sembra una grande boutade propagandistica. La Russia è un Paese con dodici fusi orari, non credo che voglia aggiungerne un terzo. Semplicemente non vogliono essere disturbati con missili nucleari ai loro confini. Provate a fare il contrario e a mettere dei missili nucleari russi in Messico. Gli Stati Uniti lo raderebbero al suolo. D’altronde quando i russi pensarono di farlo davvero a Cuba, Kennedy stava per scatenare la Terza guerra mondiale».

Chi ha testate nucleari schierate ai confini dell’Europa orientale e minaccia un giorno sì e l’altro pure di usarle però è la Russia di Putin

«La Nato parlerebbe di alleanza difensiva. Ma se guardate la cartina del 1991 e quella di oggi scoprirete che è la Nato che è avanzata ai confini della Russia. Ma basta un esperimento ancora più semplice: immaginate che un marziano arrivi sulla Terra e cerchi di capire chi è per la guerra e chi per la pace. Scoprirebbe che c’è un solo Paese che ha centinaia di basi con bombe atomiche (540) e centinaia di migliaia di soldati in tutto il mondo: gli Usa».  

L’Italia che voi immaginate dunque rompe i Trattati, esce dall’Ue, dall’Euro e dalla Nato. E poi con chi si alleerebbe? 

«Noi vogliamo un’Italia libera, indipendente, che commerci con tutto il mondo, in primo luogo con gli Stati Uniti e col resto d’Europa, ma anche con la Cina, l’India, il Brasile, il Sudafrica, la Russia. Noi siamo un Paese che sa costruire le cose, con una piccola e media impresa eccezionale. Abbiamo bisogno di energia per la produzione di manufatti da esportare in tutto il mondo. Non possiamo pensare, solo perché siamo il Paese più bello del mondo, di essere solo la Disneyland per ricchi ciccioni». 

Sovranità e sovranismo sono termini di cui si riempiono la bocca in molti, a partire dalla premier Giorgia Meloni che li accosta volentieri all’idea di «nazione». Ci governerebbe insieme? 

«Quando si tratta di prendere i voti sono tutti sovranisti, poi quando vanno al governo si dimostrano sovranisti di cartone. Vanno a Washington e a Bruxelles e tornano con le ginocchia sbucciate. Vale per la Meloni tanto quanto per la sinistra o il Movimento 5 Stelle. Mi pare un po’ difficile andare al governo con una che nel 2018 diceva che voleva un’Italia libera dall’Ue, poi è andata al governo e ha fatto quasi esattamente come tutti gli altri. La sovranità è qualcosa di importante, e anche in termini teorici non è solo monopolio della destra: ma è cosa diversa dal nazionalismo. La patria, la sovranità sono la titolarità popolare del governo del Paese. Il nazionalismo è cosa diversa, perché prevede un confronto anche militare con gli altri Paesi. Noi siamo per la convivenza pacifica, ma siamo per il nostro Paese».

E con Elly Schlein ci andrebbe a governare? 

«Ma no, Elly Schlein è un prodotto mediatico, di un partito che non ha più storia: al di là delle persone che lo votano pensando di votare non so cosa il Pd è una lobby di potere, un agglomerato di correnti ridottesi a cercare un leader al di fuori del partito. Hai un partito di milioni di iscritti e non trovi uno che sia capace di fare il segretario? E in ogni caso mi pare un personaggio francamente molto debole».

Personaggio forte è invece quello che ha messo insieme un’altra lista a sinistra del Pd che punta al voto di quel popolo in fermento per la pace, lo stop alle armi, la Palestina: Michele Santoro. Non avreste potuto unire le forze in una lista comune? 

«Noi abbiamo cercato di parlare con Santoro fin dall’anno scorso, quando contribuimmo alla raccolta delle firme per il referendum «Ripudia la guerra». Era un progetto importante, puntavamo al traguardo del mezzo milione di firme. Chiedemmo a Santoro, data la sua grande capacità mediatica, di battere un colpo. Non ci ha neanche ricevuto. Alla fine abbiamo raccolto 380mila firme. Adesso usa il tema della pace e della guerra come elemento contingente per le elezioni, ma non è in grado davvero di schierarsi. Chiedete a Santoro se vuole uscire dalla Nato: bofonchierà. Chiedetegli se vuole uscire dall’Ue: bofonchierà. È un vorrei ma non posso, è il dissenso controllato, il dissenso che può servire, come è stato in un certo modo il M5s. Non è un caso che i giudici diano ragione a lui e torto a noi (nei ricorsi al Tar sull’ammissibilità delle liste alle Europee, ndr), non è un caso che lui vada in tv e noi no».

Ma in tutto l’arco proprio non c’è un altro politico cui si sente vicino, sulla base di queste posizioni?

«Certo che sì: Sandro Pertini, che sulla Nato, sulla questione morale o di quella della sovranità disse cose molto nette. Oggi i politici presenti in Parlamento mi sembrano degli algoritmi di quello che vogliono la grande finanza e le multinazionali».

Lei è fuori dal Parlamento italiano dal 2004, da quello europeo dal 2009. Le manca?

«Certamente per un ragazzo della periferia torinese come me, figlio di un operaio della Fiat, che dormiva in un ingresso, col letto che scendeva la sera e si alzava la mattina, entrare nel Parlamento italiano a 34 anni è stata un’emozione. Però non riconosco una primazia allo stare dentro le istituzioni. Sempre qualcuno più importante di me disse che bisognava «stare dentro la Duma e fuori dalla Duma», ossia dentro le istituzioni e pure fuori. E io francamente mi sento a mio agio sia nelle piazze sia quando dovessi fare un discorso dagli scranni di Montecitorio o di Bruxelles. Credo che arrivare lì sia una responsabilità e anche un privilegio. Io dalla mia vita ho avuto molto, e vorrei continuare a poterlo restituire». 

Ammettiamo che l’auspicio andrà in porto, in conclusione: tre cose che farebbe se diventasse europarlamentare.

«Primo: costruire una internazionale sovranista democratica. Oggi al Parlamento europeo ci sono i gruppi della sinistra, della destra, degli scettici, dei verdi… Io vorrei fare non il Comintern ma il Sovrintern, perché credo ci sia la necessità di unire forze come quella di Sahra Wagenknecht in Germania (l’ex capogruppo della Linke tedesca che ha lanciato il movimento rossobruno BSW, ndr), gli slovacchi di Robert Fico e tanti altri che la pensano come noi in tanta parte d’Europa. Secondo: rimettere al centro il tema del lavoro. La piena occupazione è l’unico strumento che consenta all’Italia e all’Europa di continuare ad esistere. Per fare questo dobbiamo dare l’Africa agli africani, cioè rendere quel continente autonomo e indipendente dal commercio con le grandi multinazionali che corrompono quei governi e vi provocano la povertà. Gli africani devono stare in Africa perché quella è la loro patria, il loro continente. Per fare questo bisogna, e questo è il terzo e ultimo punto, bisogna anche bloccare tutte le guerre».

Leggi anche:

Articoli di POLITICA più letti