La Liguria post Toti: le dimissioni (dopo le Europee) e candidato della Lega, se nel Veneto tocca a Fratelli d’Italia

Nel giorno dell’interrogatorio dell’attuale governatore, le voci sul suo successore si intersecano alla partita delle Regionali che si terranno nel 2025

Caserma della Guardia di finanza di Molo Giano, all’interno del porto di Genova. Il presidente della Liguria, ai domiciliari dal 7 maggio, si è sottoposto al primo interrogatorio dell’inchiesta che lo vede coinvolto per corruzione. Sono più di cento le domande che i pubblici ministeri e il procuratore aggiunto hanno preparato per Giovanni Toti. Nulla è trapelato delle sue deposizioni, tantomeno ci sono sviluppi sulle sue intenzioni: manterrà la carica di governatore o lascerà il ruolo? Mentre dal diretto interessato e dal suo entourage non filtrano indiscrezioni, nei partiti di centrodestra la discussione sul successore di Toti è iniziata. E qualcosa sfugge alla riservatezza: sarebbe da scegliere nei ranghi della Lega il candidato alla presidenza. Ci vorrà ancora qualche mese prima della decisione della coalizione, anche perché Toti non si dovrebbe dimettere nell’immediato. Questione di consensi: l’annuncio del passo indietro, con relativo subbuglio mediatico in prossimità del voto europeo, sarebbe un assist alla propaganda del centrosinistra.


Perché la Lega

Chi racconta a Open delle prime interlocuzioni che stanno avvenendo nella maggioranza di governo, non è concorde sulla natura del possibile accordo: pretesa della Lega o contentino? Occorre partire dal consenso che il Carroccio ha racimolato nel territorio. Alle ultime Regionali del 2020, Matteo Salvini portò il suo partito al 17,14%, secondo solo alla lista Cambiamo del candidato presidente. Due anni più tardi, alle Politiche, la flessione nazionale della Lega si manifestò anche nella circoscrizione ligure: il partito ottenne il 9,3% alla Camera, risultato comunque superiore alla media nazionale. Dunque, la Liguria non è un territorio inviso alla Lega, che da queste zone ha tratto anche alcuni dei suoi esponenti di spicco: tra loro figura, ad esempio, il viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi, fedelissimo di Salvini, il navigato Francesco Bruzzone, al secondo mandato in Parlamento e candidato nella circoscrizione Nord-Ovest in terza posizione, e la senatrice Stefania Pucciarelli, sottosegretaria durante il governo Draghi.


L’intreccio con la partita veneta

Tuttavia, come le percentuali qui sopra fanno intendere, è altrettanto vero che il partito di Salvini sta riscontrando una parabola discendente nei consensi. Il suo elettorato potrebbe contrarsi ulteriormente in Liguria, mentre crescono i numeri di Forza Italia. In due sensi: a livello di sondaggi, dove molti istituti hanno registrato il sorpasso azzurro al Carroccio, e a livello di rappresentanti che cambiano casacca. Proprio tra i consiglieri liguri, un paio di mesi fa, la vicecapogruppo della Lega Mabel Riolfo ha scaricato Salvini per avvicinarsi alla corte di Antonio Tajani. Qualche settimana prima, Forza Italia aveva incassato anche il rientro di Angelo Vaccarezza, dopo la parentesi con Cambiamo. In questo scenario si profila l’ipotesi contentino per la Lega. Dopo 15 anni di predominio Zaia in Veneto, il governatore del Carroccio non potrà ricandidarsi nel 2025: scatterà, per lui, il vincolo di legge dei mandati. A meno che il Parlamento non legiferi a riguardo, bisognerà individuare un altro candidato alla presidenza. E Fratelli d’Italia, che in Veneto riscontra un gradimento in ascesa, pretende per sé la presidenza di uno dei territori più ricchi di Italia. Lasciando, a Salvini, la Liguria e i malumori dei leghisti veneti per la Regione non riconfermata.

Il quadro più complesso

Nella mappa delle grandi Regioni del Nord amministrate dal centrodestra, Fratelli d’Italia non è alla guida di nessuna: da Ovest, il Piemonte è di Forza Italia – con Alberto Cirio in cerca di riconferma proprio l’8 e il 9 giugno -, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia sono in mano alla Lega. In questo scenario si inseriscono le rivendicazioni meloniane, con Luca De Carlo – ma anche Elena Donazzan – in lizza per la candidatura del dopo Zaia. Il quadro, però, si complica se si guarda già all’esito delle Europee. Se cambiassero i rapporti di forza all’interno della coalizione, e nello specifico se gli azzurri superassero il Carroccio, potrebbero moltiplicarsi dal fronte forzista le richieste di un rimpasto di governo.

L’incognita rimpasto

Ad oggi, Forza Italia ha una trentina di parlamentari in meno rispetto alla Lega, nonostante il risultato alle politiche fosse inferiore di solo qualche decimo percentuale. Questo perché il calcolo delle assegnazioni uninominali fu fatto, nel 2022, sulla base dei sondaggi, disattesi dalle urne. Ed è dal numero di parlamentari – non dal numero di voti – che, poi, si è ricavato lo scacchiere per i posti di governo. Per questo gli azzurri si considerano sottostimati in quanto a membri nell’esecutivo e, a cascata, negli uffici di presidenza delle commissioni parlamentari. Le Europee saranno il presupposto per ragionare sugli equilibri interni alla coalizione. Equilibri su cui esercitano una forza le scelte per le amministrazioni regionali, ma sui quali grava anche l’ipotesi di un rimpasto di governo (che Giorgia Meloni però esclude in ogni uscita pubblica).

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