L’abbraccio tra la madre di Gaia e Pietro Genovese che l’ha uccisa, il contatto dopo 5 anni: «Sembrava sincero, ma ora scopra il vero dolore»

La madre di Gaia von Freyman spera in una pena più severa per il 25enne che cinque anni fa travolse e uccise sua figlia e l’amica Camilla Romagnolo in corso Francia a Roma

«Erano cinque anni che aspettavo delle scuse» dice Gabriella Saracino, madre di Gaia von Freymann, la 16enne uccisa con l’amica coetanea Camilla Romagnoli in Corso Francia a Roma dall’auto guidata da Pietro Genovese. Il 25enne sta scontando una condanna a cinque anni e quattro mesi per omicidio stradale plurimo. Lo scorso venerdì, alla fine dell’udienza per una presunta evasione dai domiciliari, Genovese e sua madre si sono avvicinati a Saracino e l’hanno abbracciata.


«Sono cinque anni che aspettiamo»

Pietro Genovese non ha mai pronunciato la parola «scusa», ma Saracino a Repubblica prova a guardare il lato positivo di questo primo contatto per quanto tardivo: «Ho apprezzato il gesto, devo dire che entrambi, madre e figlio, mi sono sembrati sinceri. Le lacrime, se una persona fingesse, non scorrerebbero. Però, allo stesso tempo, ho pensato che avrebbero potuto farlo cinque anni fa. E gliel’ho detto: “Sono anni che sia io sia la mamma di Camilla aspettiamo queste scuse”. Ci siamo fatti sette udienze con Pietro davanti. Venerdì li ho visti commossi».


«Andava controllato con più attenzione»

Alla madre di Pietro Genovese, Saracino dice di aver ripetuto quel che aveva avuto occasione di dire al padre, il regista Paolo Genovese, incontrato due anni fa: «Ho ribadito che forse questo ragazzo andava controllato con più attenzione, perché era già recidivo in comportamenti poco consoni al volante». A guardarlo in quel momento in aula, Sararcino dice che Genovese gli è sembrato «un ragazzo molto provato e ancora estremamente fragile, non mi ha mai guardato negli occhi». E per quanto rifiuti il concetto che dopo quell’incidente ci sarebbero «tre famiglie distrutte», Saracino dice: «È una situazione tragica anche la sua, anche se ovviamente non come la nostra. Mi ha fatto tenerezza. Che devo fare? Potrei risultare una campana stonata, ma è così».

Pena più severa per scoprire il vero dolore

Di certo per la madre di Gaia, il 25enne che ha investito e ucciso sua figlia meriterebbe una pena più severa: «Ma non il carcere – spiega Saracino – perché in questa situazione non sarebbe educativo. Mi aspetto che il tribunale di Sorveglianza gli dia i servizi sociali. Credo che per un ragazzo di vent’anni, che si è macchiato di un duplice omicidio stradale, sia necessario». Ad esempio, dice la donna, Genovese potrebbe andare a fare un servizio sociale «in un orfanotrofio o in un carcere, potrebbe fargli capire cosa significhi il vero dolore. Rendersi conto di essere nato in un contesto fortunato, che potrebbe non durare in eterno, e dunque responsabilizzarsi, mettersi al servizio degli altri».

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