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Angela Carini e Imane Khelif: «Non la giudico, ma le altre azzurre mi hanno tradita»

29 Novembre 2024 - 06:32 Alba Romano
angela carini imane khelif
angela carini imane khelif
La pugile sconfitta nell'incontro delle polemiche: le lacrime? Chiedevo scusa a mio padre

Angela Carini, 26 anni, è la pugile della Nazionale di boxe al centro della polemica con l’algerina Imane Khelif. Dal 3 all’8 dicembre tornerà sul ring per i campionati italiani a Seregno. E oggi in un’intervista a Repubblica racconta il suo passo indietro di questi mesi. «In fondo non sono mai andata via. Ho solo pensato fosse giusto allontanarmi per un po’ da tutti e stare con la mia famiglia, il mio ragazzo. Insomma con chi mi ama. E la pressione, ammesso che ci sia, non la sento neanche un po’. Sono carica, a parlare sarà il ring come lo ha sempre fatto nella mia vita. Ogni incontro ha la sua storia, gli Assoluti apriranno una storia nuova», dice.

Il pianto dopo la sconfitta

Carini ricorda con Luigi Panella il pianto dopo la sconfitta: «Quelle lacrime in ginocchio erano un chiedere scusa a mio padre che non c’è più. In quel momento si è fermato il mondo. E ho capito che il mio sogno di regalargli la medaglia olimpica era svanito di nuovo. Anni di duro lavoro che nessuno ti restituisce, di privazioni in cui ho sacrificato tutta me stessa». Sulla presunta mancanza di coraggio: «Sarebbe facile cancellare tutto, ma non lo farò. La verità è che molti preferiscono parlare male invece che immedesimarsi in te. Non sanno che il coraggio sta già nel salire sul ring quando tutto il mondo ti sta guardando, il coraggio è la saggezza delle scelte che si fanno». Su Khelif: «Ho detto allora che non giudico nessuno. Però sarebbe bene che neanche Imane lo facesse con me. Non voglio aggiungere altro».

La polemica e le compagne di Nazionale

Il riferimento è sull’accusa di essere stata mal consigliata: «Sono state dette tante cose non vere sul mio conto, anche in alcune trasmissioni televisive nelle quali si cercava di tirare somme sulla mia persona sollecitando anche Imane. Ho trovato tanta disumanità, anche nella telecronaca che mi è stata fatta durante il match. La verità è che non sono stata consigliata proprio da nessuno. La sera prima dell’incontro ero con mio fratello, gli parlavo dei sacrifici per arrivare fino lì, di papà che ci guardava dall’alto, di come mi sarei battuta fino alla fine. Poi quei due colpi mi hanno messa ko, soprattutto il secondo alla mascella. Di pugni ne ho presi tanti in carriera, ma in quel momento ho sentito il bisogno di fermarmi».

Dopo Parigi

Dopo le Olimpiadi, in compenso, «Ho capito chi mi vuole bene davvero. La mamma che mi aspetta nell’ambiente ovattato di casa, mio fratello, il mio ragazzo. Quelli che hanno dato una pacca sulla spalla, rialzandomi quando ero in difficoltà. E ci metto il presidente federale D’Ambrosi, le Fiamme Oro, il maestro Foglia e la famiglia Parlati che mi ha accolto nella sua palestra di judo». Mentre su Irma Testa e le compagne è caustica: «Non parlerei del singolo ma dell’unità della squadra. Nessuna ha teso una mano verso di me. La cosa non mi meraviglia, loro però sanno benissimo chi è la vera Angela, una ragazza che dà battaglia sul ring senza tirarsi mai indietro. Ma non ho trovato una di loro che abbia detto una frase di incoraggiamento, è la cosa che mi ha fatto più male. Sono persone che non fanno più parte della mia vita».

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