Naspi, chi si fa licenziare per assenza ingiustificata non avrà la disoccupazione


Arriva la norma anti-furbetti della Naspi. Il governo ha introdotto una nuova misura per contrastare gli abusi della Naspi, l’indennità di disoccupazione. D’ora in poi, chi si assenta dal lavoro senza giustificazione per oltre 15 giorni e si fa quindi licenziare non potrà più accedere al sussidio. Il licenziamento, infatti, verrà considerato come una dimissione volontaria. La misura, già presente nel decreto Collegato lavoro dell’ultima legge di Bilancio, diventa ora operativa grazie a una comunicazione dell’Inps.
Il fenomeno degli abusi
Negli ultimi anni è diventato un vero e proprio fenomeno il fatto che alcuni lavoratori, soprattutto giovani e con impieghi poco qualificati, si assentavano ripetutamente fino a farsi licenziare per poter ottenere la Naspi. In molti casi, l’intento era quello di percepire l’indennità mentre lavoravano in nero, spesso in impieghi stagionali o all’estero, combinando il nuovo stipendio con l’assegno di disoccupazione, che quest’anno può arrivare fino a 1.550 euro mensili per 24 mesi.
Il licenziamento per assenza ingiustificata consentiva, infatti, di ottenere la Naspi, a differenza di quanto avviene con le dimissioni volontarie. Alcuni lavoratori sfruttavano questa scorciatoia mentre alcune aziende, in alcuni casi, facilitavano l’uscita dei dipendenti per evitare tensioni o richieste di miglioramenti contrattuali. Ora, però, il governo ha deciso di bloccare questo meccanismo cambiando le regole.
Cosa cambia
Secondo la nuova norma, il datore di lavoro ora è obbligato a segnalare via Pec l’assenza del dipendente all’Ispettorato territoriale del lavoro. Quest’ultimo farà le opportune verifiche. La risoluzione del contratto avverrà quindi in maniera automatica, senza che sia necessaria la classica procedura di dimissioni telematiche. Il lavoratore potrà, però, contestare la decisione, dimostrando che l’assenza era dovuta a cause di forza maggiore, come gravi problemi di salute, calamità naturali o condizioni di lavoro inaccettabili, come mobbing o mancati pagamenti dello stipendio.
La preoccupazione dei sindacati
I sindacati e le opposizioni politiche hanno sollevato alcune perplessità sulla norma, temendo che possa diventare un’arma a favore delle aziende per costringere alcuni lavoratori alle dimissioni senza un vero contenzioso. E c’è il timore che possa essere difficile per i dipendenti dimostrare eventuali pressioni subite o situazioni di abuso da parte del datore di lavoro. Un ulteriore punto controverso riguarda la nuova regola che impone almeno 13 settimane di contribuzione nell’ultimo anno per ottenere la Naspi in caso di dimissioni da un lavoro e successivo licenziamento. Prima, invece, erano sufficienti 13 settimane negli ultimi quattro anni. Una misura che, secondo i sindacati, potrebbe penalizzare chi lascia un impiego per condizioni lavorative inaccettabili e si sposta in un’altra azienda, trovandosi poi senza tutele in caso di licenziamento.