La ragazza che denunciò le violenze dei rampolli della ‘ndrangheta è stata frustata a sangue dalla nonna e dallo zio


Una ragazza originaria di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, è stata chiusa in una stanza, con la bocca tappata, ed è stata frustata a sangue con una corda. La sua colpa? Aver raccontato alla polizia le violenze sessuali subite da un gruppo di giovani, tra cui i rampolli di alcune famiglie ‘ndranghetiste di Seminara, un altro comune del reggino. A frustare la ragazza, secondo quanto ricostruito dalla procura di Palmi, sono stati la nonna (78 anni) e il figlio della donna (47 anni). La prima è stata posta agli arresti domiciliari, mentre per il secondo è stato disposto il divieto di avvicinamento alla parte offesa.
Le indagini sugli abusi sessuali
Le vittime delle violenze sessuali, a cui avrebbero partecipato anche i figli di alcune famiglie mafiose, sarebbero due ragazze: una di Oppido Mamertina e l’altra di Seminara. Quest’ultima era ancora minorenne all’epoca dei fatti, che sarebbero avvenuti tra gennaio del 2022 e novembre del 2023. Le due giovani sarebbero state abusate da un branco di ragazzi, che avrebbero anche filmato le violenze come arma di ricatto. Il processo di primo grado si è concluso nel marzo scorso con sei condanne – a pene variabili dai 13 ai 5 anni – e sette assoluzioni.
L’«odio e il risentimento» della nonna e dello zio
Alla base dell’ordinanza eseguita nei giorni scorsi nei confronti della nonna e dello zio di una delle vittime ci sarebbe l’aggravante dei motivi abietti. Secondo la procura, i due avrebbero frustato ripetutamente la vittima, guidati da «odio e risentimento», per il semplice fatto che la ragazza aveva deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria.