Puff Daddy a processo, i primi testimoni: «Cassie costretta a sesso brutale». La difesa: «Uomo violento ma rapporti consensuali»


Iniziato ieri il processo a Sean Combs, detto Diddy, passato alla storia della musica come Puff Daddy, uno dei più importanti rapper e producer della storia americana. Le accuse, com’è ormai noto, sono assai gravi: associazione a delinquere e traffico sessuale, se saranno confermate Diddy rischia l’ergastolo. Il rapper fin dal giorno della prima denuncia per violenza sessuale nel novembre del 2023 (sarà poi arrestato e messo in carcere lo scorso settembre), si è sempre dichiarato innocente, nonostante le citazioni da parte di presunte vittime si siano letteralmente moltiplicate negli anni fino a raggiungere un numero sufficiente per far scattare contro di lui una class action guidata dal noto avvocato texano Tony Buzbee, che ne ha raccolte ben 120.

Il primo dibattimento
Durante il primo dibattimento davanti a un giudice l’accusa ha parlato per bocca del procuratore aggiunto Emily Johnson, che ha descritto una vera e propria associazione a delinquere: un «lato oscuro» della vita del rapper, sconosciuto ai suoi milioni di fan, ma noto a un ristretto gruppo di persone che lo aiutavano a commettere i crimini e poi a insabbiare tutto. Come era ampiamente prevedibile, punta di diamante lato accusa il rapporto tra Diddy e l’ex fidanzata Cassie Ventura, cantante R&B conosciuta con il nome d’arte di Cassie, che parrebbe essere stata costretta ad avere rapporti sessuali con altri uomini, ripresi per poi usare i video per ricattarla. A supportare questa tesi il video di sorveglianza diffuso circa un anno fa dalla Cnn in cui Sean Combs afferra, spinge, trascina e prende a calci con violenza la stessa Cassie durante un litigio in un hotel californiano. Probabilmente la prova schiacciante dell’atteggiamento violento del rapper per quel che riguarda il tribunale mediatico che lo ha già condannato senza riserve. Ieri infatti, quando l’avvocato difensore Teny Geragos ha preso parola, è partito da un’assunzione di responsabilità del suo cliente, presente in aula e apparso visibilmente condizionato da questi mesi di carcere, che ha confermato l’atteggiamento violento. Emily Johnson ha portato in tribunale quel termine che finora era stato citato solo negli articoli di giornale: «Freak Off», i famigerati party della durata di diversi giorni durante i quali, secondo l’accusa, Diddy drogava le donne in modo tale da poterle costringere a partecipare ad atti sessuali di gruppo con i propri ospiti.

L’arringa della difesa
L’arringa iniziale della difesa, affidata a Teny Geragos, ha messo immediatamente le mani avanti, svelando la strategia con cui proverà ad evitare al proprio assistito il carcere a vita: «Le preferenze sessuali di Sean Combs potrebbero mettervi a disagio, ma non siete qui per giudicarle». E ancora, il video del litigio con Cassie Ventura nell’InterContinental Hotel del 2016 «è indifendibile. È orribile. È disumanizzante. È violento. È praticamente ogni parolaccia che ti venga in mente», ma dimostra violenza domestica, non prova niente rispetto l’accusa di traffico sessuale. Anzi, la storia d’amore tra i due è stata descritta quasi come normale ed è la cantante che è stata messa in qualche modo in cattiva luce: «Quando prese la decisione di andarsene non ci furono ripercussioni come l’accusa ha lasciato intendere. Prese la decisione di andarsene, glielo comunicò e corse tra le braccia di un altro uomo, un personal trainer che Combs aveva assunto per allenarla». Così anche le presunte violenze sessuali sono state ridimensionate dal legale a scelte «volontarie da parte di due adulti capaci di intendere e di volere». Il problema per l’accusa, da ciò che si evince dalle testimonianze emerse durante l’arco dell’ultimo anno, è che tutte le vittime di abusi da parte di Sean Combs affermano lo stesso identico modus operandi che, a un certo punto, passa per il tentativo di corruzione. Riguardo il pestaggio a Cassie Ventura l’accusa ha chiamato a deporre l’agente di polizia di Los Angeles Israel Florez, addetto alla sicurezza dell’hotel, intervenuto subito dopo sul posto, al quale Diddy tentò di passare una mazzetta di contanti che lui però non accettò.
La testimonianza di Daniel Phillip
Il carosello di testimoni contro Puff Daddy si preannuncia assai lungo. Ieri è stato sentito Daniel Phillip, manager di spogliarelliste, che alla sbarra ha raccontato di aver ricevuto denaro, tra i 700 e i 6mila dollari, per sessioni di sesso della durata anche di dieci ore con Cassie Ventura “dirette” da Sean Combs, che nel frattempo stava su una poltrona in un angolo a masturbarsi. Durante alcune testimonianze i figli dell’imputato, presenti in aula, sono stati portati via. Anche Daniel Phillip ha fatto emergere per la prima volta in aula un elemento che ha fatto molto discutere durante le indagini: l’olio per bambini utilizzato durante le violenze da Diddy, trovato nella sua casa in quantità industriali. Phillip sostiene di aver assistito ad altre violenze su Cassie Ventura, ma soprattutto ha confermato anche un altro passaggio riguardo la pianificazione delle violenze da parte di Diddy: il ricatto. Una volta infatti il rapper costrinse Phillip a consegnargli la sua patente di guida e scattò una foto, cosa che venne recepita come una minaccia. «Era una persona con un potere illimitato. E probabilmente anche se fossi andato alla polizia, avrei comunque potuto perdere la vita», ha dichiarato il testimone.