Massimo Moratti e la vendita dell’Inter: «La passione non teneva il passo con le ambizioni»


Massimo Moratti compie 80 anni tra un paio di giorni. «Un’età che pare spaventosa», dice oggi al Corriere della Sera. Nel colloquio con Daniele Dallera e Venanzio Postiglione l’ex presidente di Saras e dell’Inter dice che adesso quello che gli dà piacere è «stare con i miei figli: la cosa che mi diverte di più. Una grande fortuna. Ascoltare i racconti, passare un po’ di tempo assieme, partecipare alla loro vita e ai loro desideri».
La giovinezza
Della giovinezza, dice, gli piace «l’attività fisica. Camminare molto, correre, visitare città, viaggiare tanto. Vado a Londra, dopo cento passi dico fermi tutti, trovo una panchina e penso alla prossima mossa». E ancora: «La verità è che in generale mi è andato bene quasi tutto, ho vissuto momenti bellissimi. Poi, chiaro, uno può pentirsi di alcune cose, ma purtroppo sono successe e te le porti a casa». Ma ha un rimpianto: non aver fatto il sindaco di Milano. «Ma c’erano ragioni fondate per cui, più volte, ho resistito. Una di queste… Mi sembrava che diventare sindaco non mi permettesse di fare tutto il resto. Mi pareva che fosse più utile alla famiglia lavorare in azienda e per l’azienda, piuttosto che candidarmi e lanciarmi», spiega.
Primo cittadino
Di fare il primo cittadino glielo chiese anche «il cardinal Martini. Lui stesso. E questa è una cosa per cui mi sento in colpa, non aver obbedito a un uomo di qualità e grandezza assolute. Mi è rimasto sempre in mente come un grave peccato». La sua città oggi «ha scelto una strada, forse obbligata: è la città dei grandi nomi, delle grandi firme, dei grandi eventi. Tutto bello e giusto. Ma mi sembra che stia perdendo quella sensibilità naturale, spontanea, che aveva verso la gente comune. Sta diventando la città di chi sta bene. La crisi di alcune metropoli, come Londra, ha favorito Milano e l’afflusso di grandi capitali, siamo stati anche bravi».
Suo padre
Angelo, suo padre, in famiglia veniva chiamato “il capo”: «Sì, da mio fratello Gian Marco. La frase di mio padre, “tutto nella vita è in prestito”, è la bussola della famiglia. Inutile affezionarsi ai beni materiali e alle fortune, le cose passano e anche in fretta». Gianni Brera, anno 1963: «Il clan dei Moratti è qualcosa di molto simile a certe spassose comunità inventate da Frank Capra. Si vogliono tutti bene e incattiviscono solo per l’Inter». «Geniale! Molto gentile con la mamma, molto affettuoso anche con me. Mi scrisse una lettera bella, tenera, voleva che mi occupassi del Coni».
La Saras e l’Inter
Poi spiega perché la sua famiglia ha venduto la Saras: «Un’ottima operazione sul piano economico. Sotto il profilo umano, un immenso dispiacere. Le persone che lavorano in Saras sono eccezionali, molto legate a tutti noi e con grande fiducia in noi. Non è stata una scelta facile. Ma ci hanno capito: passa a un gruppo che ha grandissime possibilità. Resterà protagonista, non è cosa da poco, cinque anni fa davano per finita la raffinazione e si pensava che l’unica strada fosse vendere a pezzi». Dietro la vendita dell’Inter ci sono invece «ragioni economiche. Abbiamo visto, tutti e due, l’esplosione dei costi e una passione che non teneva il passo delle ambizioni. Ho sempre pensato che fosse giusto cedere a società internazionali. Adesso si preferiscono i fondi: però, diciamolo, un gruppo familiare, una proprietà precisa, sono comunque un punto di riferimento più semplice, anche per la squadra che deve vincere le partite».
Barella, Lautaro, Thuram
Dei nuovi giocatori dell’Inter il più morattiano è «Barella, è migliorato tantissimo. Un calciatore che ti coglie di sorpresa, salta l’uomo, combatte, è pericoloso in attacco. Poi è molto forte Lautaro e mi piace anche Thuram, conosco il padre». Su Simone Inzaghi, rivela, ci ha ripensato: «All’inizio non lo consideravo adatto all’Inter: invece è molto bravo, preparato, gestisce le situazioni più delicate, tanto buon senso, sempre calmo. Marotta? Fa bene il suo mestiere, l’avevo anche cercato ai tempi della Sampdoria». Ma non andrà a Monaco per la finale di Champions League: «No, non penso di andare, però la seguirò con attenzione. Molto bella la sfida con il Barcellona, mi sono divertito, un 4-3 emozionante e Yamal mi ha impressionato, che riflessi pazzeschi».