Regionali Marche, la destra con Acquaroli (uscente) teme il centrosinistra. Ecco perché la scelta della data sarà decisiva


Ci sono anche le Marche tra le sei regioni italiane che, nell’autunno 2025, saranno chiamate alle urne per eleggere un nuovo presidente e rinnovare il Consiglio locale. Un appuntamento politico importante, in una terra che per decenni è stata considerata un baluardo del centrosinistra. Poi la rottura nel 2020: a tre mesi dalla fine del lockdown, Francesco Acquaroli, candidato di Fratelli d’Italia, vinceva le elezioni regionali, segnando la fine di un’epoca. Le Marche archiviarono così una lunga stagione progressista, affidando per la prima volta la guida della Regione alla destra. Un risultato che per Giorgia Meloni rappresentò la conferma della crescita di Fratelli d’Italia sul territorio, dopo il successo in Abruzzo con Marco Marsilio nel 2019. Oggi, a cinque anni di distanza, Acquaroli è pronto a correre per un secondo mandato, mentre nel centrosinistra i riflettori sono puntati su Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro e oggi europarlamentare del Partito Democratico. In tanti lo danno già per favorito. Viene quindi da chiedersi: la partita è ancora aperta?
Rinviare le elezioni al 2026?
Il primo nodo da sciogliere riguarda le tempistiche. E già su questo punto, all’interno del centrodestra, le posizioni non sono del tutto allineate. Un decreto che fissi ufficialmente la data della tornata elettorale ancora non c’è, ma Acquaroli, che ha il potere di indire le elezioni regionali ha già specificato: «Orientativamente si può votare dal 5 settembre al 21 di novembre, quindi siamo in quel lasso di tempo». Election day con le altre regioni chiamate al voto (Campania, Toscana, Puglia, Veneto e Val d’Aosta) o appuntamento singolo? In un’ottica nazionale, staccare il voto dagli altri appuntamenti potrebbe infatti servire ad attenuare l’impatto di un’eventuale sconfitta. Lo confermano alcune fonti ad Open. Delle sei regioni chiamate alle urne, almeno due sembrano già orientate verso il centrosinistra: Toscana e Puglia. È su questo scenario che parte del centrodestra starebbe ragionando. C’è chi, all’interno della stessa coalizione, spinge per tornare al voto già a settembre, replicando la tornata del 2020, quando Acquaroli vinse le regionali.
Il candidato di centrodestra
Il presidente in carica, Francesco Acquaroli – come già detto – ha confermato la sua disponibilità a ricandidarsi per un secondo mandato, con il sostegno compatto di tutto il centrodestra. Già sindaco di Potenza Picena dal 2014 al 2018, Acquaroli, che ha iniziato giovanissimo la sua carriera nel Movimento sociale italiano, è stato deputato tra le fila di Fratelli d’Italia e membro della Commissione parlamentare per le questioni regionali prima della sua elezione a presidente della Regione. Nel suo percorso politico non sono mancate le polemiche. Nell’ottobre del 2019, finì al centro dell’attenzione mediatica per aver partecipato a una cena organizzata in occasione dell’anniversario della Marcia su Roma.
Il centrosinistra
Un pezzo grosso del Partito Democratico, Matteo Ricci, scende in campo per guidare il centrosinistra. «Stiamo lavorando a costruire la coalizione più ampia possibile – spiegano dal partito – che vada da Alleanza verdi e sinistra (che ha già confermato il suo sostegno) fino al Movimento 5 Stelle». La candidatura di Ricci, europarlamentare in carica, nasce da una spinta che viene dal territorio. «Ha già dato la sua disponibilità: è una risposta a una richiesta forte della gente. Solo nelle Marche ha raccolto oltre 50 mila preferenze alle europee, chi vive in quei territori sa bene quanto sia radicato». Con la candidatura di Ricci, la regione diventerebbe la terza – insieme a Toscana e Puglia (se arrivasse l’ok alla candidatura di Decaro) – in cui il centrosinistra schiererebbe un profilo riformista del Partito Democratico, la linea più distante dalla visione marcatamente sociale e progressista della segretaria Elly Schlein.
Il mandato di Acquaroli
Il bilancio del presidente uscente sembra non convincere del tutto nemmeno nel centrodestra. «Ha fatto molto», sostengono i suoi, ma «il vero nodo resta un altro: il problema è nella comunicazione», dicono. «Il suo lavoro non è stato adeguatamente comunicato, lasciando che molte delle sue azioni passassero inosservate». E poi citano alcuni esempi, come l’impegno di Acquaroli in ambito agricolo, soprattutto per la promozione del biologico. O sulle infrastrutture: «Nei giorni scorsi – ci spiegano – è stato inaugurato un ponte da quattro milioni e rotti» nel fermano «ma nessuno sembra saperlo». Insomma sebbene il presidente sia sempre presente – «C’è sempre, dall’impegno istituzionale alla fiera del tagliolino di Campofilone» – le critiche si sono fatte sentire, soprattutto su tre temi: la gestione della sanità, la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 2016 e la crescita produttiva. La parte economica ha il suo discreto peso. Ci sono state le crisi di alcune storiche realtà industriali come Beko, l’ex Merloni e i poli produttivi di Fabriano e in generale i dati segnalano la crisi di un regione che invece è sempre stata forte dal punto di vista produttivo.
I dubbi del centrodestra
Senza fargliene una colpa – almeno esplicitamente – a destra i dubbi sulla possibilità di Acquaroli di vincere le elezioni regionali sono più di una maldicenza. Gli alleati di FdI sono però elettoralmente troppo deboli per rivendicare alternative al partito della premier che sul territorio nazionale lamenta di avere pochi candidati governatori (il tema Veneto non è stato ancora sciolto) e dunque si va avanti, sapendo che la partita sarà difficile. Per attutire l’impatto di una eventuale elezione di Ricci, l’ipotesi del voto a settembre sembra essere l’unica soluzione. Tanto più mentre Veneto e Campania sembrano orientarsi verso novembre (il termine massimo è il 23 novembre). Una convocazione delle urne il 21 settembre, mentre la politica nazionale riprende il ritmo post estivo e le scuole hanno aperto da poco, potrebbe allontanare i riflettori.