Una scuola di Milano intitolata a Sergio Ramelli? La Russa spinge ancora, Sala non ci sta. Fontana: «Ci ripensi»


Non si placano le polemiche attorno alla proposta avanzata dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, di intitolare l’istituto Molinari di Milano a Sergio Ramelli, lo studente militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a sprangate da esponenti di Avanguardia Operaia. Ramelli era studente proprio al Molinari e l’idea – già lanciata da Fratelli d’Italia – è stata rilanciata da La Russa in questi giorni, accendendo un botta e risposta con Beppe Sala. Oggi, a margine di una conferenza stampa, il sindaco di Milano ha commentato stizzito: «La questione la buttano addosso a me perché politicamente gli fa comodo. Ma sono stati al governo tanti anni e potevano pensarci, perché adesso?». E non risparmia stoccate anche a chi, come Riccardo De Corato di FdI, oggi spinge per la proposta: «Vedo che anche il deputato di FdI De Corato se ne lamenta. De Corato è stato vicesindaco, il centrodestra ha governato a lungo la città, si svegliano adesso con la richiesta? Così è sempre comodo», chiosa il sindaco.
«Fontana: Sala ci ripensi»
Non tarda ad arrivare la replica di De Corato di FdI. «Vorrei ricordare al sindaco che nel periodo in cui ho ricoperto la carica di assessore e vicesindaco di Milano, dal 1997 al 2011, le Giunte di centrodestra hanno intestato i giardini di via Pinturicchio a Sergio Ramelli e messo anche una targa per il povero Enrico Pedenovi in viale Lombardia, proprio nel punto in cui fu ucciso», dichiara. Sulla questione interviene anche il presidente della Regione, Attilio Fontana, che ha auspicato un «ripensamento» da parte di Sala. «La Russa ha fatto questa richiesta perché è convinto che sia giunto il momento di arrivare a una pacificazione. Mai come in questo momento ci sono tutte le condizioni. Sala ci ripensi».
Il precedente di Claudio Varalli
Nel difendere la sua proposta, La Russa ha citato come precedente l’intitolazione di un’altra scuola milanese a Claudio Varalli, studente di sinistra ucciso nel 1975, proprio pochi giorni prima della morte di Ramelli. Ma Sala ribatte: «È un precedente che capisco, l’intitolazione è del 2001, e fa seguito a un grande lavoro che è durato anni della scuola stessa. Non scende dal cielo, da una decisione del sindaco, se la scuola ha intenzione di intitolarsi a Ramelli avviano un percorso di riflessione, perché queste cose devono convincere tutti». E ricorda che il Comune non ha potere decisionale diretto sull’intitolazione: «Il Comune all’ultimo esprime un parere, all’ultimo, quindi non è l’ente che avvia. Se la scuola lo vuole fare lo può fare». Ma proprio all’interno del Molinari, che Ramelli frequentava negli anni ’70, l’idea sembra non raccogliere consenso unanime. Durante una commemorazione dello scorso marzo, alla presenza del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, studenti e studentesse hanno messo in piedi una protesta, puntando il dito contro le priorità del governo: «Le nostre scuole cadono a pezzi, ma il ministro preferisce concentrarsi su targhette per militanti fascisti».
La controproposta di Sala: «Intitolazione a tutte le vittime del terrorismo»
Il botta e risposta tra La Russa e Sala era già iniziata ieri, quando il sindaco aveva espresso dubbi sulla fattibilità dell’intitolazione: «Lo credo difficile onestamente. Il fatto è che non abbiamo tutti questi spazi di intitolazione, poi quando le intitolazioni diventano così divisive…». Sala aveva quindi rilanciato una proposta alternativa: dedicare un luogo della città a tutte le vittime del terrorismo, un’idea che La Russa ha detto di apprezzare, ma senza arretrare sul caso Ramelli. «Dal sindaco Sala, però, mi aspetto anche il sostegno all’intitolazione del liceo Molinari a Sergio Ramelli, così come fu sostenuta l’intitolazione al giovane Claudio Varalli della scuola che oggi porta il suo nome. Ogni argomentazione contraria farebbe ricadere le parole del sindaco in una direzione opportunistica di due pesi e due misure», ha dichiarato ieri il presidente del Senato. Ma se La Russa si aspetta un’apertura, da Palazzo Marino la risposta resta ferma. E tutt’altro che conciliante.