Il conto dei dazi? Lo pagheranno gli Usa: «Dollaro sempre più debole». L’avvertimento di Panetta


Sono tempi di profonda incertezza per l’economia mondiale. C’entra ovviamente la politica commerciale aggressiva, ma pure altalenante, della Casa Bianca. Ma pure i conflitti e sconquassi planetari. Una «profonda crisi degli equilibri economici», la definisce oggi nelle sue Considerazioni finale il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta. In un contesto già «in rapida trasformazione», sottolinea Panetta, le politiche protezionistiche di Donald Trump hanno dato il colpo di grazia. Ma a patirne le conseguenze strutturali più dolorose, avverte il capo di Bankitalia, potrebbero essere gli stessi Stati Uniti, nel loro ruolo di leader dell’economia mondiale: a farne le spese può essere il simbolo stesso della forza degli Usa nel mondo: il dollaro. «Ci sono interrogativi sul ruolo centrale della divisa americana come valuta di riserva», scolpisce nella sua relazione Panetta.
L’errore di Trump sui dazi: «Minaccia alla concorrenza»
Per recuperare una forma di stabilità, secondo Panetta, è necessario tornare alle origini, a quello stretto legame di collaborazione tra Stati Uniti e Unione europea: «Le affinità culturali e i legami economici che ci uniscono dovranno alla fine prevalere sugli attriti presenti». Anche perché le stime, e le evidenze, parlano di un sistema economico che vive nella totale incertezza e la cui crescita potrebbe essere penalizzata «di quasi un punto percentuale nell’arco di un biennio». I dazi, ha spiegato il governatore di Bankitalia, mettono a rischio il 5% del commercio globale ma sarebbero completamente immotivati. Quel deficit commerciale che gli americani lamentano nei confronti dell’Ue e di altri partner, infatti, sarebbe controbilanciato dall’«ampio surplus» che gli Usa possono vantare in termini di servizi e tecnologie. Una forza che porta con sé un enorme rischio: «Poche grandi imprese globali controllano enormi volumi di dati e minacciano la concorrenza».

L’importanza dell’Ue: «È baluardo del libero scambio, ma non resti ferma»
Proprio in questo momento di flessione dei mercati, dove la compravendita di merci è messa a repentaglio dal muro delle tariffe, Panetta ha evidenziato la necessità di «investire adeguatamente e semplificare le procedure per nuovi impianti energetici». Un intervento che permetterebbe, «in Italia più che altrove in Europa», di abbattere il costo dell’energia sempre tenendo presente le tre direttrici fondamentali: fonti pulite, contratti a lungo termine e consolidamento delle infrastrutture. Una presa di coscienza e un’attività che l’Italia non deve prendere da sola ma di concerto con l’Unione europea, «il baluardo dello stato di diritto e dell’apertura agli scambi e alle relazioni internazionali». Proprio da Bruxelles, ha insistito il governatore della banca centrale italiana, dovrebbe arrivare la spinta a «superare i particolarismi nazionali», perché ora più che mai «non può permettersi di rimanere ferma».

L’invecchiamento della popolazione e i conti pubblici
Su questo punto si instaura anche il discorso italiano. A partire dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che con gli ultimi interventi previsti nei prossimi due anni potrebbe «innalzare il prodotto dello 0,5%». La strada è quella giusta, ma nei prossimi anni l’Italia sarà sottoposta a ulteriori stress a causa soprattutto dell’invecchiamento della popolazione, della bassa natalità ma anche degli investimenti su difesa e transizione verde e digitale. Per questo, nell’ottica di un progressivo risanamento dei conti pubblici, serve «una politica prudente», che insista sui «segni di una ritrovata vitalità economica». Per esempio, tentando di trattenere i giovani che fuggono all’estero con «opportunità di occupazione attrattive». Oppure sfruttando l’apporto che «l’immigrazione regolare può fornire».
La piaga degli stipendi fermi
Entro un quadro comunque a tinte positive, i salari rimangono una nota dolente. In termini reali, ha scritto ancora Fabio Panetta, sono cresciuti «molto meno che negli altri principali Paesi europei» e rimangono sotto il livello del 2000. Nonostante il lieve aumento rispetto allo scorso anno, definito comunque come «incoraggiante», per il governatore i Bankitalia «è indispensabile rilanciare la produttività e la crescita tramite l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva». Solo così sarà possibile «garantire un aumento duraturo delle retribuzioni».