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Uno studio ECDC non sostiene che il vaccino Pfizer sia inefficace e dannoso

30 Maggio 2025 - 09:00 Juanne Pili
Abbiamo letto un altro studio non revisionato e non compreso dai No vax, come ci è capitato di notare spesso

Secondo diverse condivisioni Facebook esisterebbe uno studio finanziato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che si avvale dei dati provenienti da 19 milioni di persone in 6 Paesi, tra cui l’Italia, riconoscerebbe come il vaccino di richiamo a mRNA contro la Covid-19 della Pfizer sarebbe inefficace e dannoso. Lo abbiamo letto. Anche stavolta sembrerebbe che i No vax non siano in grado (o non vogliano) capire le stesse fonti che citano, finendo per promuovere studi che auspicano la produzione di nuove dosi di vaccino.

Per chi ha fretta:

  • In un filmato si sostiene che uno studio finanziato dal ECDC dimostrerebbe come il richiamo del vaccino Pfizer sarebbe inefficace e dannoso.
  • Lo studio è ancora preprint e si riferisce a pazienti anziani a sei mesi dal richiamo. Questa e altre limitazioni vanno tenute in considerazione per stimare l’attendibilità dei risultati.
  • Inoltre non si parla di dannosità del richiamo, anzi si auspicano nuove dosi migliorate di richiamo.

Analisi

I presunti risultati dello studio finanziato dal ECDC si trovano in un video correlato. Nelle condivisioni in oggetto il tutto si riassume nella seguente didascalia:

ENORME! Studio Ue condotto su 19 milioni di persone in 6 Paesi, tra cui l’Italia, riconosce: il vaccino di richiamo a mRNA contro il Covid della Pfizer è inefficace e dannoso! La coorte vaccinata ha avuto tassi assoluti più elevati di ospedalizzazione e morte rispetto a quella non vaccinata!!! Cosa farà ora l’UE? I singoli stati membri? E l’Italia? Ritireranno il “vaccino” che il loro studio ha dimostrato essere inefficace e dannoso?

Nell’audio del filmato sono presenti i riferimenti per risalire al paper (link nell’introduzione), compresa una anteprima del documento:

«Lo studio è stato condotto da James Humphries di EpiConcept Parigi e coordinato tramite la rete Vebbis Air – riporta la voce narrante -. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista MedArchive. Ha fornito una valutazione seria dell’efficacia nella pratica del booster XBB1.5, Covid mRNA di Pfizer. […] Condotto in 6 nazioni europee, Belgio, Danimarca, Italia, Portogallo, Spagna e Svezia. […] ha testato l’ipotesi centrale secondo cui il richiamo di XBB1.5 ha conferito protezione contro i ricoveri ospedalieri e i decessi per Covid-19 durante l’ondata estiva del 2024, dominata dalle sottovarianti Kp e Jn.1 immunoevasive. Le autorità avevano avvertito che le persone anziane erano maggiormente a rischio a causa delle sottovarianti e avevano esortato gli Over 65 a sottoporsi a dosi di richiamo».

Cosa dice davvero lo studio finanziato dal ECDC?

Innanzitutto dobbiamo precisare che la ricerca al momento risulta preprint, ovvero, non è stata ancora sottoposta a revisione. Il sito Web medRxiv che ospita il lavoro – definito «MedArchive» nel filmato – non è una rivista, come sostenuto erroneamente dalla voce narrante. Ma cosa ritengono di aver scoperto i ricercatori?

Lo studio esamina l’efficacia del booster contro la variante Covid XBB.1.5, nel prevenire ospedalizzazione e morte. Il lavoro dei ricercatori, condotto nell’ambito della rete VEBIS-EHR, ha utilizzato dati da registri sanitari elettronici. I risultati, secondo gli autori, indicano che l’efficacia del vaccino XBB.1.5 è stata nulla o molto bassa in questa popolazione, in particolare a distanza di sei mesi o più dalla somministrazione, suggerendo la necessità di vaccini con protezione più duratura e possibilmente una dose di richiamo prima dei periodi di maggiore circolazione virale.

Parliamo di un lavoro che presenta dei grossi limiti. Riportiamo una sintesi di quelli indicati dagli stessi ricercatori:

  • L’uso di dati secondari da cartelle cliniche elettroniche (EHR) introduce limitazioni inerenti a questo tipo di ricerca sull’efficacia dei vaccini. Queste includono la possibile errata classificazione dello stato vaccinale e degli esiti, nonché l’assenza di covariate sufficienti per un aggiustamento completo dei fattori confondenti;
  • La stima dell’efficacia vaccinale (VE) a circa otto mesi di distanza dalla campagna autunnale 2023 comporta un rischio maggiore di bias dovuto al depauperamento differenziale dei suscettibili in base allo stato vaccinale. Questo potrebbe portare a una sottostima dell’efficacia vaccinale;
  • Questo bias potrebbe in parte spiegare l’osservazione inattesa di tassi di ospedalizzazione e mortalità per COVID-19 più elevati tra gli individui vaccinati;
  • Vi è una limitazione aggiuntiva specifica per il Belgio. Il dataset demografico nazionale non è stato aggiornato da luglio 2024. Ciò significa che i record successivi a tale data potrebbero includere alcune persone che sono decedute, poiché non possono più essere censite in modo appropriato, il che potrebbe portare a una sottostima dell’efficacia vaccinale contro l’ospedalizzazione.

Conclusioni

Teniamo conto soprattutto del fatto che quasi tutti i soggetti censiti nello studio (99,8%) si trovavano ben oltre sei mesi dalla dose di richiamo, cosa che certamente limita le informazioni sull’efficacia del vaccino. Inoltre, vi è una discrepanza tra il ceppo vaccinale XBB.1.5 e le altre varianti circolanti BA.2.86/JN, che potrebbero aver contribuito alla riduzione di efficacia. Soprattutto da nessuna parte si suggerisce che il vaccino sia dannoso. Per altro i ricercatori nelle conclusioni parlano di una «necessità di vaccini COVID-19 migliorati, che offrano un’efficacia più duratura». Non sembra un invito a smettere di fare nuove dosi booster di vaccino Pfizer.

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