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La battaglia giudiziaria sui dazi di Trump può annullare le tariffe contro la Cina ma non quelle contro l’Europa

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Le recenti sentenze riguardano solo i dazi imposti ricorrendo allo Ieepa, una legge del 1977. Ma le aliquote su acciaio, alluminio e auto non sono coinvolte

Il braccio di ferro giudiziario tra Donald Trump e i tribunali americani rischia di privare l’amministrazione statunitense del suo principale strumento di politica commerciale: i dazi. Eppure, malgrado la grande eco mediatica che la notizia sta avendo in tutto il mondo, la vicenda interessa solo marginalmente l’Europa. La decisione della Corte federale del commercio statunitense – annullata poi in appello – riguarda infatti le sole tariffe imposte dalla Casa Bianca ricorrendo allo Ieepa (International Emergency Economic Powers Act), una legge approvata nel 1977 che conferisce al presidente il potere di rispondere rapidamente (e senza passare dal Congresso) a una minaccia originata al di fuori degli Stati Uniti.

Cos’è lo Ieepa

I dazi che Trump ha approvato ricorrendo allo Ieepa riguardano l’aliquota del 30% imposta alle importazioni dalla Cina, il 25% al Messico e il 25% al Canada. La stessa legge del 1977 è stata usata per giustificare i cosiddetti «dazi reciproci» annunciati in occasione del «Liberation Day» e l’aliquota base del 10% applicata a tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti. E a guardare bene, quest’ultima tariffa è l’unica che coinvolge direttamente l’Unione europea e che rischia di saltare qualora i tribunali dovessero dare torto a Trump.

Perché le sentenze dei tribunali non riguardano i dazi contro l’Europa

Esistono infatti altri tre dazi con cui Washington ha colpito l’Europa e che restano in vigore anche mentre le due parti negoziano – per ora senza troppi successi – per trovare un nuovo accordo commerciale. Si tratta del dazio del 25% su acciaio e alluminio, il dazio del 25% sulle automobili e il dazio del 25% sulla componentistica delle automobili. Tutte queste tariffe sono state imposte ricorrendo non allo Ieepa, bensì alla sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che conferisce al presidente degli Stati Uniti il potere di applicare restrizioni commerciali qualora l’importazione di determinati beni minacci la sicurezza nazionale. Il ricorso da parte della Casa Bianca alla «section 232» non è stato contestato in tribunale. E per questo, a prescindere da come andrà a finire la disputa legale, la maggior parte delle tariffe che attualmente colpisce le esportazioni europee rimarrà in vigore.

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Una tabella del New York Times che riassume i dazi imposti dagli Stati Uniti e la legge invocata per “giustificarli”

Come possono cambiare i negoziati tra Usa e Ue

Il braccio di ferro fra i tribunali e la Casa Bianca finirà con ogni probabilità davanti alla Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, che dovrà stabilire in via definitiva se Trump può effettivamente ricorrere allo Ieepa per imporre dazi universali oppure no. Il pronunciamento del massimo tribunale americano può avere un effetto tutt’altro che trascurabile anche sui negoziati tra Usa e Ue, che da mesi lavorano con fatica per trovare un accordo commerciale. Soltanto la scorsa settimana, il presidente americano è tornato a minacciare l’Europa annunciando un dazio del 50% su tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti, salvo poi mettere tutto in pausa dopo un colloquio telefonico con Ursula von der Leyen. Se davvero Trump decidesse di andare fino in fondo – e non, come già successo molte altre volte, di rimangiarsi gli annunci roboanti fatti a favore di telecamere – probabilmente dovrebbe ricorrere ancora una volte allo Ieepa. In quel caso, il pronunciamento dei tribunali americani potrebbe risultare decisivo per orientare le trattative sui dazi più a favore degli Usa oppure dell’Ue.

Foto copertina: EPA/Stefan Wermuth | L’incontro tra Ursula von der Leyen e Donald Trump al World Economic Forum del 2020 a Davos

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