L’adolescente in crisi d’astinenza in ospedale: «Sembrava un tossicodipendente». Gli era stato tolto lo smartphone: come hanno dovuto curarlo


Come un tossicodipendente in crisi di astinenza: così si è presentato un adolescente al pronto soccorso dell’ospedale San Luigi di Orbassano, nel Torinese. Accompagnato dai genitori, il ragazzino di 15 anni è stato curato dallo psichiatra Gianluca Rosso perché in stato di agitazione psicomotoria severo. «Presentava esattamente gli stressi sintomi di una persona in crisi da astinenza da sostanze – dice il professor Rosso al Corriere della Sera – Peccato che, a mancargli in modo psicotropo, fosse lo smartphone». La vicenda risale a due anni fa, come hanno spiegato fonti dell’ospedale all’Ansa. Il prof. Rosso ne ha parlato nei giorni scorsi a margine di un dibattito a Torino.
Il telefono sequestrato dai genitori e la crisi
Rosso era di guardia la sera in cui il ragazzino è arrivato al pronto soccorso. Professore associato di psichiatria al dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino, ha dovuto ricostruire che cosa fosse successo prima che il ragazzino andasse in crisi. I due genitori avevano deciso di togliere il telefono al figlio, ormai esasperati per l’uso intensivo che ne faceva. A quel punto c’è stata la reazione che in ospedale associano a quella di un tossicodipendente in astinenza.
Il legame con il telefono simile a quello con le sostanze d’abuso
Per quanto possa stupire, spiega il prof. Rosso, la reazione del ragazzino ha una spiegazione nel fatto che l’uso dello smartphone «crea un legame con l’oggetto molto simile a quello ottenuto da altre sostanze d’abuso, come alcol, sigarette e stupefacenti». Questo perché, tutte queste sostanze «portano a uno stimolo continuo del sistema dopaminergico, al quale il nostro cervello si abitua e, proprio per questo, avverte la necessità continua dello stimolo».
L’adolescente trattato con gli ansiolitici
In base alle sue condizioni, l’adolescente è stato trattato con terapie ansiolitiche importanti. Quando è passata la crisi, è potuto tornare a casa. Perché il lavoro dell’ospedale di fatto finiva lì, visto che «non possiamo dare indicazioni per la dipendenza in senso stretto – conclude il prof. Rosso – che invece viene rimandata ai Serd». Non tutti i centri sono attrezzati però per le cosiddette nuove dipendenze. Il Corriere spiega come la Asl di Torino stia sperimentando «un modello nuovo», sviluppato dal dg Carlo Picco. Ma le leggi restano troppo vecchie: «Il mondo delle dipendente è vincolato da normative obsolete, redatte negli anni Settanta e che oggi non corrispondono assolutamente al quadro psicologico e sociale dei pazienti».