Garlasco, il Racis, Andrea Sempio e l’omicidio di Chiara Poggi: «Cercano prove per un altro indagato»


I droni e i raggi laser nella villetta di via Pascoli a Garlasco servono a riscrivere il luogo dell’omicidio di Chiara Poggi. E a collocare Andrea Sempio sulla scena del delitto. Una ricostruzione in 3D su cui gli inquirenti dovranno incollare le figurine delle tracce del massacro. Per ricostruire i movimenti degli assassini. Ovvero l’amico di Marco Poggi in concorso «con Alberto Stasi» oppure «con altre persone ancora da identificare», secondo il capo d’imputazione formulato dal procuratore aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano. Chi ha colpito, chi ha trascinato il corpo in cantina, chi ha richiuso la porta a soffietto? In attesa della ricostruzione completa dell’accusa da parte della procura di Fabio Napoleoni. Che ancora non ha scoperto tutte le sue carte.
Il RaCIS in via Pascoli
Il RaCIS è il Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche. Il sopralluogo – annunciato ai genitori di Chiara, che però non hanno potuto partecipare – finisce alle 18 meno un quarto. Un totale di sette ore che Rita Preda non vuole commentare: «Non so cosa dire e non voglio e non posso fare nessuna previsione. Io e mio marito osserviamo gli sviluppi, siamo qui, consapevoli che un colpevole per l’omicidio di nostra figlia c’è già ed è Alberto Stasi. La procura ha deciso di fare nuove indagini? Per quanto ci riguarda non ci opponiamo a niente e il nostro atteggiamento è e continua a essere di massima disponibilità e collaborazione». Gli investigatori hanno misurato la scala principale che porta alle stanze da letto, la cucina dove il 13 agosto 2007 rimasero gli avanzi della cena del giorno prima. E il bagno, dove una macchia di sangue venne ritrovata su un tappetino.
Un accertamento indispensabile
Nel provvedimento i magistrati hanno scritto che occorreva «accertare le tracce e gli effetti materiali» del reato. La ri-collocazione delle tracce di sangue potrebbe permettere di rileggere la scena del crimine. Collocando stavolta sul posto non una sola persona – il «biondino dagli occhi di ghiaccio» – ma un numero tale da poter motivare l’accusa di omicidio in concorso. Per le tracce di Dna maschile sulle unghie di Poggi, che certificano la presenza di almeno un’altra persona oltre a Sempio. E, soprattutto, per le impronte ritrovate all’interno della villetta. Tra cui c’è la «papillare 33» rinvenuta sul muro delle scale che portano al seminterrato. Secondo una consulenza si tratta di quella di Sempio. Mentre per la difesa è spiegabile con la frequentazione della casa e l’amicizia con il fratello di Chiara.
L’incidente probatorio
Gli inquirenti vogliono portare nell’incidente probatorio anche le para-adesive per il materiale biologico. E il sangue. Ricostruito attraverso la Bloodstain pattern analysis (Bpa), lo studio di una scena del crimine attraverso la disposizione delle tracce ematiche. La ricostruzione del processo Stasi parla di un’aggressione iniziata in soggiorno con la vittima colpita al capo con un corpo contundente. Descritto come probabilmente «privo di manico», vista la «scarsa quantità di tracce da cast-off », ovvero di sangue che si è distaccato dall’arma mentre venivano vibrati i colpi. Poi il trascinamento del corpo fino al corridoio, vicino al tavolino del telefono. Dove Chiara viene colpita un’altra volta per poi essere sollevata e gettata sulle scale della cantina.
Le tre anomalie
Il Corriere della Sera spiega che in quelle analisi restavano due anomalie. La prima sono tre piccole gocce di sangue. Di «non facile contestualizzazione» davanti al divano. «Non si esclude che possano essere riferibili a un’ipotetica fase iniziale dell’aggressione (ad esempio, nel campo delle mere ipotesi, potrebbero essere la conseguenza di un pugno sferrato al naso della vittima che, poi, scappa verso le altre aree dell’appartamento)», si scrive nelle ricostruzioni. La seconda è la traccia sulla parete tra terzo e quarto gradino delle scale della cantina. «Considerate le proporzioni globali del pattern , non si esclude però che la vittima abbia ricevuto un ulteriore e definitivo colpo alla testa» da un aggressore che quindi sarebbe sceso per la scala.
Non calpestare il sangue
Nel processo Stasi si verificò l’ipotesi che egli avesse potuto non calpestare il sangue scendendo e poi risalendo dalla cantina in cui si trovava il corpo. Considerata credibile per la discesa, ma non certo per la salita, ricorda oggi il Quotidiano Nazionale: «Si può concludere che l’imputato (Stasi), ragionevolmente non addestrato ad agire in condizioni di intenso stress, abbia potuto evitare almeno una parte delle tracce di sangue nel percorso di andata, ma è impensabile che ciò sia avvenuto anche all’uscita», hanno scritto i periti dell’Appello bis. Le probabilità per Stasi di compiere in totale dieci passi senza sporcarsi «se si include anche il gradino 2», sono «corrispondenti al valore di 0,0000016% se il percorso inizia col piede sinistro, e di 0,0000013% con il piede destro». Ma il laser scanner oggi va in cerca di prove da usare nei confronti di un altro indagato.