Garlasco, 3 persone in via Pascoli mentre Chiara Poggi moriva: «C’è sangue nell’impronta sul muro»


Nella villetta di via Pascoli a Garlasco mentre Chiara Poggi veniva uccisa c’erano altre due persone oltre ad Andrea Sempio. Mentre il movente dell’omicidio si capirà «solo dopo che verrà accertato» chi si trovava nella scena del crimine. E l’impronta n. 33 sul muro è «molto carica di materiale biologico». Che potrebbe essere sangue o sudore misto a sangue. L’avvocata Giada Boccellari, che difende Alberto Stasi, delinea i contorni della nuova inchiesta del procuratore di Pavia Fabio Napoleone. E spiega, tra le righe, quello che in molti stanno sussurrando in questi giorni. Ovvero che le piste su satanismo, pedofilia e la Madonna della Bozzola al momento non sembrano riscontrate.
L’incidente probatorio del 17 giugno
Il gip Daniela Garlaschelli ha nominato una serie di periti per analizzare di nuovo i reperti di Garlasco. Al centro delle nuove rilevazioni c’è il Dna di Andrea Sempio presente sotto le unghie di Chiara Poggi. La genetista Denise Albani e il dattiloscopista Domenico Marchegiani dovranno analizzarli in contraddittorio tra le parti. Si parlerà dei risultati del 2007. Mentre si attende anche il confronto con il materiale genetico prelevato a Roberto Freddi, Mattia Capra e Alessandro Biasibetti, amici di Sempio e Marco Poggi, a Marco Panzarasa, amico di Stasi, alle gemelle Paola e Stefania Cappa, e a carabinieri e soccorritori intervenuti sulla scena del crimine. L’analisi non escluderà le «para adesive» delle impronte raccolte nella villetta.
35 analisi
Saranno 35 su 60 evidenziali le impronte da analizzare. La presenza di sangue sull’impronta 33 forse non sarà possibile da testare. Perché non è stato rintracciato l’intonaco grattato dal muro. E non si trova nemmeno la provetta con la soluzione in cui la polvere è stata disciolta per effettuare i test. Si cercherà Dna anche nel sacchetto della spazzatura e nella porzione insanguinata del tappetino del bagno. Oltre che sul cucchiaino trovato sul divano. La ricostruzione della disposizione delle tracce di sangue invece è già iniziata. Una rilettura dei segni che potrebbe servire a scrivere una nuova dinamica del delitto. Partendo dal presupposto che, come recita l’avviso di garanzia a Sempio, la procura pensa che quello di Chiara Poggi sia stato un omicidio in concorso. E che quel 13 agosto 2007 in casa ci fossero almeno tre persone.
Giada Boccellari
Intanto Boccellari, che parla in un’intervista al Corriere della Sera, dice che il condannato Stasi «in questa fase vive in una sorta di bolla di sapone. Lo informiamo per grandi linee, ma poi tende a non leggere i giornali e a non vedere la tv. Penso sia un meccanismo di difesa». Sulla questione del Dna di Sempio sulle unghie di Chiara e sull’altro materiale biologico ignoto. Boccellari sostiene che «La Procura vuole acquisire i Dna di altri soggetti per identificare o escludere. Se, per esempio, ci fosse quello di Biasibetti è chiaro che non poteva essere a casa Poggi, visto che quel giorno era in Trentino». Sull’impronta 33 e il sangue, «noi diciamo che è un’impronta molto carica di materiale biologico. Le conclusioni le trarranno i nostri consulenti nella relazione che depositeremo. È comunque un’impronta carica di materiale biologico che potrebbe anche essere sangue o sudore misto a sangue».
L’impronta e la foto
«Secondo i nostri consulenti si può fare una valutazione anche da una foto», aggiunge ancora Boccellari. Che poi ricorda: «Già nel 2007 il nostro consulente disse che c’erano due persone. Detto ciò, per quello che sappiamo fino ad ora l’azione omicidiaria avviene in tre fasi e, almeno nelle prime fasi, non si può escludere la presenza di altri soggetti». Mentre «il movente si capirà solo dopo che verrà accertato chi c’era sulla scena del crimine». Intanto il settimanale Gente scrive che la frase postata su Facebook poco prima di morire da Michele Bertani, amico di Sempio, è stata decrittata. A due settimane dalla condanna definitiva di Stasi, Bertani aveva pubblicato la strofa di una canzone dei Club Dogo: “La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà”.
C’era una ragazza lì che sapeva
Secondo il settimanale, eliminando le lettere maiuscole, le lettere minuscole rimaste, «a eria’ ta elle oe he euno sa», trasmutate nell’alfabeto ebraico, formano la frase che tradotta in italiano recita: «C’era una ragazza lì che sapeva». Bertani sul social network aveva scelto il nickname di Mem He Shin. Che, nella mistica ebraica e nella Cabala, richiama il Quinto nome di Dio. E nel 2007 avrebbe avuto a disposizione un’automobile nera. Simile a quella vista da un testimone il giorno dell’omicidio. La sua era una Golf immatricolata nel 2004 che aveva a disposizione da quando aveva preso la patente.
L’auto parcheggiata
Di una macchina nera parcheggiata la mattina del delitto vicino casa Poggi c’è traccia nei verbali. Marco Muschitta, il testimone all’epoca considerato inattendibile, sostenne a verbale tra l’altro che «entrato in via Pascoli ho visto una macchina in sosta sulla sinistra, macchina di cui non ricordo il modello, di colore scuro (vale a dire nera, o grigio scuro o blu). Se non sbaglio la macchina era in sosta in un piccolo spiazzo che c’è sulla sinistra proprio per parcheggiare le auto. L’auto era parallela alla strada, mi sembra che il muso fosse rivolto verso via Pavia. L’auto era una media, non piccola né grossa. Non ho visto persone». Muschitta ritrattò tutto il giorno stesso. Ma a lungo si è parlato erroneamente di un Suv. Mentre forse si trattava della vettura ritratta nella foto di Bertani.