Garlasco, quel gradino «zero» senza sangue di Chiara Poggi e le impronte sul muro che portano a Sempio: «Cosa ha fatto l’assassino col corpo»


Tra i numerosi punti su cui la procura di Pavia, a 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, sta tentando di far luce è comparso un nuovo elemento. È il cosiddetto «gradino zero» su cui gli inquirenti starebbero concentrando la loro attenzione, il primo della scala che dal piano terra della villetta di via Pascoli, a Garlasco, porta alla taverna. Lì dove, riversa su quelle stesse scale, il 13 agosto 2007 fu trovata cadavere la 26enne.
Il gradino «zero» e le tracce di sangue assenti
A insospettire la procura, guidata da Fabio Napoleone, è la totale assenza di tracce di sangue su quel gradino. Secondo l’attuale ricostruzione del delitto, infatti, Chiara Poggi sarebbe stata uccisa e poi il suo corpo sarebbe stato lasciato cadere già dai gradini. Chi l’ha uccisa, dunque, non avrebbe mai calpestato il «gradino zero», riuscendo a non lasciare impronte. Proprio in quel punto, però, già nel 2007 erano state repertate due altre tracce, la 97F e l’ormai celebre «papillare 33», non analizzabile nell’ambito dell’incidente probatorio in corso perché andata perduta o distrutta dopo la condanna definitiva dell’allora fidanzato della 26enne Alberto Stasi.
Le impronte sul muro e la ricostruzione che punta a Sempio
Una sul muro destro, una sul muro sinistro. Una compatibile con una mano destra, l’altra con la mano sinistra. La papillare 33, come ben noto, è stata attribuita dai periti della procura pavese ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima e unico indagato dopo la riapertura del caso. La seconda, sporca di sangue secondo le prime analisi del Ris di Parma, si incastrerebbe perfettamente con l’ipotesi della procura. Sempio, affacciandosi per guardare le scale che portano alla taverna, avrebbe poggiato le dita sulla destra e «strisciato» la mano sinistra sul muro opposto. Entrambe le tracce, avevano scritto i carabinieri di Milano cinque anni fa, «è logico-fattuale che appartengano all’assassino». La mappatura tridimensionale degli interni della villetta potrebbe permettere agli inquirenti di fissare con ancora maggiore precisione la posizione delle impronte per verificare la compatibilità con la loro ricostruzione.