Chiesto l’arresto per la figlia e il genero di Totò Riina: l’accusa di estorsione e i messaggi minatori dal carcere


Dieci mesi di pressanti, ossessive e minacciose richieste di denaro a due imprenditori toscani. In un’occasione, il tentativo di estorsione sarebbe anche andato a buon fine. È stata disposta la misura cautelare in carcere per Maria Concetta Riina, figlia del boss di Cosa Nostra morto nel 2017, e di suo marito Antonino Ciavarello. Il provvedimento è stata confermato dal tribunale del Riesame dopo che il gip di Firenze aveva invece negato la richiesta degli inquirenti. Ciavarello, in particolare, avrebbe continuato dal carcere a comunicare via sms con la moglie e a minacciare uno dei due imprenditori.
La ricostruzione degli inquirenti
I fatti risalgono, come si legge dal cominicato stampa della procura di Firenze, ad agosto 2024. Maria Concetta Riina e Antonio Ciavarello avrebbero ripetutamente avvicinato due imprenditori toscani tentando di farsi consegnare denaro con minacce. Solo una volta sarebbero riusciti nel loro intento. In attesa che la misura cautelare in carcere divenga esecutiva, entrambi sono accusati di estorsione e tentata estorsione aggravate dal metodo mafioso.
La custodia in carcere e il ruolo di Ciavarello
Secondo il tribunale del Riesame, che ha accolto l’appello della procura, la carcerazione dei due indagati sarebbe necessaria per il pericolo di reiterazione e di inquinamento delle prove. È lo stesso procuratore di Firenze, Filippo Spiezia, a sottolineare nel comunicato che Antonino Ciavarello «era ristretto presso un penitenziario e, nonostante ciò, riusciva a inviare con un telefonino messaggi alla moglie e a una delle persone offese».