Il nuovo decreto flussi e la corsa ad ostacoli per ottenere un permesso di soggiorno regolare: «Percorso lungo, meno di uno su dieci ce la fa»


Dopo i 450mila del triennio 2023-2024, il governo Meloni ha autorizzato l’ingresso in Italia di altri 500 mila lavoratori stranieri dal 2026 al 2028. Sono le cifre del secondo decreto flussi approvato lunedì 30 giugno dal Consiglio dei ministri. Si tratta di «manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale e altrimenti non reperibile», comunica Palazzo Chigi. Nello specifico sono previsti 497.550 ingressi, suddivisi in 230.550 per lavoro subordinato non stagionale e autonomo, 267.000 per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico. Le quantità sono stabilite, viene sottolineato, tenendo conto dei fabbisogni espressi dalle parti sociali e delle domande di nulla osta al lavoro effettivamente presentate negli anni scorsi, con l’obiettivo di una programmazione che recepisca le esigenze delle imprese e che sia anche realistica. «Ci dicevano di “Non arrenderci alla sostituzione etnica“. Questo dato è molto interessante: riflette chiaramente una domanda concreta da parte del sistema produttivo italiano di manodopera straniera. È, se vogliamo essere realisti – o anche cinici – una conferma del fatto che gli immigrati sono necessari al funzionamento dell’economia del Paese», spiega a Open Antonello Ciervo, legale di Asgi.
Le criticità del decreto flussi
Complessivamente, sommando i tetti previsti dai due decreti dell’esecutivo, si arriva a circa 950mila ingressi autorizzati. Una cifra rilevante che, però, nella pratica non si traduce pienamente in contratti di lavoro effettivamente firmati e nella conseguente regolarizzazione, a causa di vari fattori, come i tempi di attesa lunghi (in alcuni casi oltre un anno tra la richiesta del datore di lavoro e l’arrivo effettivo del lavoratore), la burocrazia inadeguata, le possibili truffe o il dietrofront dell’imprenditore. Dati recenti della campagna “Ero Straniero” mostrano come nel 2024 solo il 7,8% delle quote di ingressi si è trasformato in impieghi stabili e regolari e permessi di soggiorno. Sono state 9.331 le domande per l’ingresso di lavoratrici e lavoratori accolti dalle prefetture italiane su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell’anno. «Il resto delle persone – denuncia “Ero straniero” – è destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema ricattabilità e precarietà». Si tratta di procedure «che non solo risultano complesse e macchinose, e non solo ipocrite perché finiscono per regolarizzare situazioni di irregolarità – trasformandosi di fatto in sanatorie -, ma che si rivelano anche inefficaci, soprattutto per quanto riguarda i tempi estremamente lunghi per il rilascio dei permessi di soggiorno», precisa il legale Ciervo.
Il click day e le scadenze: «Il decreto stabilizza chi è già in Italia»
Manca, inoltre, il correttivo più invocato dalla maggior parte delle organizzazioni di categoria e dalle associazioni: l’abolizione del sistema del click day, ovvero le giornate prestabilite in cui i datori di lavoro possono presentare le richieste di ingresso per lavoratori stranieri. Stando al testo del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, le scadenze per l’invio delle domande sono differenziate per settore: si parte il 12 gennaio per il settore agricolo, si prosegue il 9 febbraio per il turismo, mentre il 16 febbraio è riservato ai lavoratori non stagionali e autonomi. Per i lavoratori autonomi più qualificati, come liberi professionisti, artisti e titolari di startup, il click day è fissato per il 18 febbraio. Rispetto al triennio precedente, il decreto estende il numero dei settori coinvolti, includendo ora anche sanità, metallurgia, tessile, commercio e logistica. Nella categoria dei lavoratori subordinati non stagionali rientrano anche gli assistenti familiari, come colf e badanti. Saranno, inoltre, privilegiati i profili più qualificati e, in linea con gli accordi di cooperazione siglati con Paesi terzi, verrà data priorità ai cittadini di Stati che collaborano con l’Italia nelle procedure di rimpatrio.
«Sappiamo che il meccanismo dei decreti flussi è, in larga parte, ipocrita – prosegue l’avvocato Ciervo -. Nella pratica, infatti, questi decreti vengono spesso utilizzati per regolarizzare posizioni lavorative di persone che sono già presenti in Italia, e che lavorano in nero per una varietà di ragioni. Una delle cause principali è il nostro sistema normativo in materia di immigrazione per lavoro, tra i più restrittivi in Europa. In un contesto del genere – prosegue -, anche chi lavora rischia facilmente di trovarsi in una condizione di irregolarità, soprattutto se inserito in forme di occupazione precaria». E se riescono a ottenere «il nulla osta durante il click day, sono poi costretti, almeno sulla carta, e possibilmente senza farsi beccare, – continua l’avvocato – a uscire dall’Italia, rientrare nel proprio Paese d’origine e da lì fare nuovamente ingresso, questa volta con un visto regolare. Una procedura che non solo è burocraticamente macchinosa, ma che espone anche a rischi concreti di uscita irregolare o non documentata».
Gli step e le difficoltà del rilascio dei visti
Il primo passo per l’ingresso dei lavoratori extra Ue, dopo il click day, è il rilascio del nulla osta da parte dello Sportello Unico per l’Immigrazione. Le domande autorizzate vengono quindi inviate alle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, che rilasciano il visto d’ingresso necessario per entrare in Italia. Tuttavia, il processo presenta alcune criticità, legate soprattutto al numero di visti richiesti e ancora in attesa di rilascio. Stando ai dati di “Ero Straniero”, nel 2024 i visti rilasciati sono 24.151, pari al 28,9% dei nulla osta al lavoro concessi (83.570). Tutto ciò nonostante si vada verso un incremento del personale dedicato a queste pratiche nelle rappresentanze. Ma servono mesi e mesi alle persone con il nulla osta in mano per presentare la richiesta di visto, servizio di solito appaltato ad agenzie e società private con risultati da sempre problematici. È importante sottolineare che, sebbene il nulla osta permetta al cittadino extra Ue di lavorare, solo la stipula del contratto di soggiorno – che porta al rilascio del permesso di soggiorno vero e proprio – consente la permanenza regolare in Italia.
Questo passaggio, però, richiede spesso tempi lunghi, talvolta anche mesi, e in alcuni casi può non avvenire affatto, soprattutto quando le richieste presentate durante i click day si rivelano essere frutto di frodi. «Si riscontra anche una notevole inefficienza da parte della pubblica amministrazione competente – in particolare le questure e, più in generale, il ministero dell’Interno – nel portare a termine le procedure previste, come il rilascio dei permessi di soggiorno, che spesso avviene con tempi estremamente lunghi e non compatibili con le esigenze delle persone coinvolte. Inoltre, l’attivazione del decreto flussi può talvolta favorire episodi di truffa ai danni degli stranieri. Accade, ad esempio, che qualcuno prometta a un cittadino straniero già presente in Italia di regolarizzarlo, chiedendo in cambio il pagamento di spese o “tasse” non dovute, per poi sparire una volta ottenuto il denaro», precisa il legale. Rispetto invece alle pratiche andate a buon fine, dai dati di “Ero Straniero” emerge che il canale riservato al lavoro domestico, di recente istituzione, è quello che funziona meglio, non solo perché si tratta di un numero limitato di quote a disposizione, ma perché coinvolge persone che probabilmente le famiglie già conoscono e che riescono a regolarizzare tramite il decreto.