Becciu contro Chaouqui: il cardinale presenta un esposto alla Procura di Roma «Un complotto per incastrarmi»


Una trama parallela, costruita fuori dal Vaticano, con l’obiettivo di influenzare il processo contro il cardinale Angelo Becciu. È quanto sostiene una nuova denuncia presentata alla Procura di Roma, che riapre il caso più delicato degli ultimi anni nella giustizia vaticana. L’ex prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, condannato in primo grado per peculato, attende ora il giudizio d’appello. Ma intanto si muove sul piano civile, puntando il dito contro quella che definisce «una manovra illecita», condotta da figure esterne al procedimento vaticano.
La manipolazione di monsignor Perlasca
Al centro dell’esposto c’è Francesca Immacolata Chaouqui. Rivela Repubblica che, secondo l’esposto, Chaouqui avrebbe agito per orientare l’accusa contro Becciu, arrivando a manipolare la testimonianza chiave di monsignor Alberto Perlasca, ex collaboratore del cardinale e poi testimone d’accusa. Chaouqui, secondo la denuncia, si sarebbe presentata come un «anziano magistrato collaboratore del promotore di giustizia vaticano», sfruttando l’intermediazione di Genoveffa Ciferri. L’esposto è firmato da alcuni degli altri imputati condannati insieme a Becciu: Enrico Crasso, per decenni gestore delle finanze vaticane, Fabrizio Tirabassi, ex funzionario della Santa Sede, e Raffaele Mincione, finanziere.
I messaggi e gli scambi di denaro
Gli elementi alla base dell’esposto si trovano in 325 pagine di messaggi WhatsApp scambiati tra Chaouqui e Ciferri. I testi mostrerebbero, secondo i legali, tentativi espliciti di condizionare Perlasca attraverso «istruzioni, pressioni e suggerimenti». Secondo quanto riportato da Repubblica, in alcuni passaggi si parla anche di un giro di soldi. In un messaggio del novembre 2022, riportato oggi da Repubblica, Ciferri scrive di aver consegnato 15mila euro in contanti «per ricompensarla dell’operato che vantava a favore di Perlasca». La somma sarebbe stata recapitata da un sindaco locale. Un punto determinante secondo l’accusa riguarda un presunto messaggio audio attribuito a Stefano De Santis, commissario della Gendarmeria vaticana. Dalla trascrizione contenuta nell’esposto si riscontrerebbe un segnale che anche chi conduceva l’indagine avrebbe fornito indicazioni a Chaouqui da trasmettere al testimone.
Il dubbio sulle chat
Nell’ultimo periodo, a partire dal giugno 2024, si era insinuato il dubbio tra gli accusati che il contenuto delle chat potesse essere reso pubblico, progettando anche di “inquinarle” con informazioni che potessero sviare le indagini: «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine», avrebbe scritto Chaouqui a Ciferri in una delle chat allegate agli atti.