Regionali, non c’è pace nella maggioranza. Torna l’ipotesi di spostare tutto alla primavera 2026 (e il vertice decisivo slitta ancora)


Il vertice di maggioranza sulle Regionali non s’ha da fare. Da giorni si parla dell’incontro tra i tre leader – Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani – chiamati a decidere i nomi da schierare nella corsa alle prossime elezioni, ma l’appuntamento continua a slittare. Nel frattempo, mentre si attende la data ufficiale della chiamata alle urne, iniziano a prendere forma diversi scenari. Tutte le attenzioni del centrodestra sono rivolte al Nord: occhi puntati sul Veneto, la terra del doge Luca Zaia, e la Lombardia, che andrà alle elezioni in una finestra temporale compresa tra il 2027 e il 2028. Ma c’è di più: secondo alcune indiscrezioni, Fratelli d’Italia starebbe valutando l’ipotesi di spostare la tornata elettorale in primavera, per tenere separate le Regionali dai lavori sulla manovra, che in autunno entrano nel vivo e impegnano l’Esecutivo fino a fine dicembre.
Elezioni e Legge di bilancio
Si starebbe infatti riaprendo l’ipotesi di fissare le elezioni nella tornata primaverile, sebbene nelle ultime settimane l’appuntamento autunnale fosse stato dato quasi per certo. Un po’ per la fretta di Francesco Acquaroli – governatore delle Marche – di andare al voto addirittura prima di ottobre, e un po’ perché molti mandati, di fatto, si esauriscono proprio nell’autunno del 2025. Ma l’idea di un election day nel 2026 era già stata messa sul tavolo quando si ipotizzava di scegliere una data che facesse coincidere regionali e comunali. Ora però c’è qualche elemento in più, perchè le valutazioni starebbero venendo da FdI. Il centrodestra è dato in difficoltà in almeno tre delle regioni che andranno al voto (Marche, Toscana e Puglia). E, se le elezioni cadessero in autunno, le eventuali sconfitte si sommerebbero ai delicati lavori sulla legge di bilancio. Una manovra lunga, che impegna il governo da settembre in poi e in cui si definiscono le priorità economiche per l’anno successivo. Non proprio il contesto ideale per affrontare una sconfitta elettorale. Un passo falso in piena corsa, insomma.
Alla Lega la Lombardia
Poi c’è la questione della spartizione delle Regioni. E Salvini – confermano – starebbe puntando tutto sulla Lombardia. Nato e cresciuto a Milano, il segretario non vuole mollare la sua terra. Da qui prende corpo una teoria che da giorni rimbalza tra i parlamentari, dalla destra fino al centrosinistra: la bocciatura dell’emendamento sul terzo mandato, infilato in fretta e furia nel ddl sugli assessori regionali per consentire a Zaia di ricandidarsi un’altra volta, non sarebbe stato un inciampo, ma un autosabotaggio vero e proprio. L’emendamento è stato affossato in commissione Affari Costituzionali al Senato lo scorso 26 giugno. Dal segretario del Carroccio, però, nessuna parola. Come se la faccenda fosse da chiudere il prima possibile. Il motivo, sussurrano in ambienti parlamentari, è piuttosto chiaro: pur di blindare la Lombardia, Salvini sarebbe pronto a cedere il Veneto a Fratelli d’Italia. Un Veneto in cui – va ricordato – Zaia gode ancora di un largo consenso, a quindici anni dal suo primo mandato. Ma ogni concessione ha un prezzo. Per tenersi stretto il suo fortino lombardo, al leader leghista potrebbe essere chiesto in cambio – riferiscono fonti – di rinunciare a ministeri o sottosegretariati nel prossimo governo targato Meloni a cui la maggioranza attuale sta già pensando.
E il Veneto?
E il Veneto passerebbe così nelle mani di Giorgia Meloni. Tra i nomi più appetibili già circola quello di Luca De Carlo, senatore di Fratelli d’Italia, nato nel Bellunese. Voci di corridoio lo indicano come il possibile uomo scelto da Giorgia per conquistare la terra del Doge. Interpellato da Open, però, risponde con cautela: «I veneti ci chiedono unità, e credo che ci si debba concentrare sulle risposte da dare a imprese e cittadini, più che su chi sarà il candidato». Non si sbottona. In cambio, Zaia potrebbe mantenere un certo peso politico a Palazzo Balbi scegliendo alcuni assessori di rilievo da inserire nella squadra di governo regionale.