Quanto costeranno i dazi Usa: «Dieci volte le tasse di oggi. Perché Meloni esulta?»


Giampaolo Galli, direttore scientifico dell’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica, in un’intervista a Repubblica dice che i dazi Usa costeranno alle imprese italiane dieci volte il livello di oggi. E che per questo non capisce «l’entusiasmo della premier Meloni e dei ministri Giorgetti e ora anche Urso, per l’accordo sui dazi al 10%». Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, dice invece al Corriere della Sera che «rischiamo di perdere 20 miliardi export e 118 mila posti di lavoro».
L’accordo sui dazi tra Usa e Ue
Il principio di accordo sui dazi tra Usa e Ue, secondo Galli, non è per nulla convincente: «Nel 2024 gli esportatori americani in Europa hanno pagato, come media di tutti i dazi, l’1% secondo la Banca Mondiale. Chi invece ha esportato in America il 2%. Comunque una bella differenza con il 10%». E spiega: «Va bene che è il presidente degli Stati Uniti. Ma nei manuali di pedagogia c’è scritto che di fronte a un bullo non bisogna subito battersela con la coda fra le gambe. La penalizzazione c’è e anche pesante, come provano le simulazioni dei think-tank. L’Ispi calcola che con i dazi al 10% l’Italia perderà lo 0,1% di Pil, e parliamo di un Paese che crescerà, dice l’Istat, dello 0,6%. Certo, i dazi al 50% spazzerebbero via l’intera crescita, e di grandezze simili si parla anche per l’Ue».
L’impatto
Orsini invece spiega: «Se dicessi che sono sostenibili sottovaluterei l’impatto. Rappresentiamo la realtà in modo corretto: qui non si sta parlando di dazi al 10% ma al 23,5. Dobbiamo tenere conto infatti anche della svalutazione del dollaro, pari al 13,5% rispetto all’insediamento di Trump. Un prodotto che un anno fa un’impresa italiana vendeva negli Usa a 100 oggi al nostro cliente americano costa 123». Ma c’è un problema: «L’Italia non esporta solo prodotti di lusso, con una domanda poco sensibile al prezzo: esportiamo soprattutto macchinari, mezzi di trasporto, pelletteria… non si può semplificare troppo».
L’inflazione
Per quanto riguarda l’inflazione, aggiunge Galli, «nasta la matematica. Le esportazioni europee in America secondo Eurostat sono pari a 500 miliardi di dollari, il 2% del Pil Usa. La nuova tassa (i dazi), se pagata dai consumatori americani com’è certo, aumenta del 10% questo 2%. Ciò significa un aggravio dei costi al consumo, l’inflazione, dello 0,2%. È la differenza fra un ribasso o no della Fed. Quanto all’Italia, è istruttivo lo scenario del Centro studi economia reale. Considera, è vero, i dazi al 20% ma dà un’idea delle dimensioni del problema: nel biennio 2025-26 sono due punti in più».