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La presidente delle Mamme Antifasciste e i 3 milioni per il Leoncavallo. «Non li ho, io vivo di pensione»

marina boer mamme leoncavallo milioni
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Marina Boer: un'ingiunzione che denota l'atteggiamento di chiusura del Viminale

Marina Boer non ha 3 milioni di euro da dare al Viminale per il Leoncavallo. «Io vivo di pensione. Come pensano di potersi rivalere?», spiega la presidente delle Mamme Antifasciste all’edizione milanese del Corriere della Sera. L’ingiunzione che le ha notificato il ministero dell’Interno per il mancato sgombero del centro sociale però è arrivata. A causa della condanna al Viminale a risarcire il gruppo Cabassi per l’occupazione durata 30 anni. In adempienza, dunque, alla sentenza di condanna, «il 26 marzo — si legge nel documento — la Prefettura ha provveduto a versare ai Cabassi la somma complessiva di circa tre milioni e 175 mila euro».

Il conto del Leoncavallo

Il Viminale vuole i soldi da Boer in quanto «l’esborso è stato causato dall’inottemperanza dell’associazione ai provvedimenti giudiziari che le ordinavano il rilascio dell’immobile occupato abusivamente». Visto che l’associazione non ha patrimonio, chiamata a pagare la cifra è la presidente, che rischia il pignoramento dei suoi beni. «Questa ingiunzione denota un atteggiamento di chiusura da parte del Ministero nei nostri confronti», sottolinea Boer precisando che «ridurre la questione a una vicenda personale tra me e il Viminale deforma la realtà e non tiene conto del valore storico e collettivo del centro sociale. Senza il Leoncavallo, come anche altri spazi culturali, Milano è un manichino vuoto».

Lo sgombero non eseguito

«Non è colpa nostra se lo sgombero non è stato eseguito in questi anni: non ci siamo messi di traverso, in modo tale da impedire di eseguire lo sfratto», spiega Boer. E ancora: «Credo sia difficile dimostrare che il Viminale non ha potuto eseguire lo sfratto per colpa delle mamme del Leoncavallo», dice l’avvocato Mirko Mazzali, che spesso ha difeso il centro sociale. Il Viminale dovrà intentare una causa civile. Intanto il 15 luglio ci sarà un nuovo tentativo di sfratto. Che la prefettura conta davvero di completare entro l’anno. Il Comune ha messo a disposizione dell’associazione uno stabile in via San Dionigi, a Porto di Mare. Ma ci vogliono interventi di riqualificazione per altri tre milioni. L’associazione sta pensando a una raccolta fondi.

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