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Zelensky e l’enigma Trump: «Ha capito che Putin bluffa, ora sanzioni la Russia». E prepara il rimpasto di governo a Kiev

10 Luglio 2025 - 19:34 Simone Disegni
Il leader ucraino soddisfatto per la Conferenza di Roma, ma gli Usa restano in bilico. Oleksandr Sushko a Open: «Abbandoneranno Kiev, tutto il peso resterà sugli europei»

«Gli Usa hanno partecipato per la prima volta alla riunione della Coalizione dei volenterosi e stanno valutando nuove sanzioni alla Russia, ringrazio Trump per questi segnali». Si sforza di vedere il bicchiere mezzo pieno, Volodymyr Zelensky, alla fine di una giornata romana lunga e piena di segnali: contrastanti però. Certo stamattina alla Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina nella Capitale Zelensky ha raccolto l’abbraccio e il sostegno rinnovato dei principali leader europei – dalla premier e padrona di casa Giorgia Meloni al Cancelliere tedesco Friedrich Merz, sino alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen che ha annunciato il varo del nuovo Fondo europeo per la ricostruzione dell’Ucraina. E da Roma i leader europei insieme all’inviato Usa Keith Kellogg si sono riuniti in collegamento con Keir Starmer ed Emmanuel Macron (insieme a Londra) per una lunga videoconferenza dei “Volenterosi” pro-Kiev. L’esito delle interlocuzioni tra le due sponde dell’Atlantico resta però quanto mai incerto, anche perché nelle stesse ore a 10mila chilometri di distanza, in Malesia, il segretario di Stato Usa Marco Rubio è tornato a incontrare di nuovo il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, facendo poi sapere che questi gli avrebbe consegnato una «interessante nuova proposta». Quanto basta per gettare nuove ombre e dubbi sulle reali intenzioni dell’Amministrazione guidata da Donald Trump.

Le richieste di Zelensky e il rimpasto di governo

Dopo lo shock dello scontro frontale alla Casa Bianca di quattro mesi fa, con ogni evidenza, Zelensky soppesa certosinamente ogni parola sui rapporti con gli Usa. Il lungo bilancio della giornata non a caso il leader ucraino lo legge da un testo scritto: anche per questo, oltre che per il dilungarsi della call dei Volenterosi, Zelensky si presenta alla stampa con due ore di ritardo. «Vogliamo continuare a lavorare con Ue e Usa, abbiamo bisogno del loro supporto per l’artiglieria, i sistemi missilistici e di difesa aerea, così da rafforzare il nostro esercito», dice il presidente ucraino dopo aver ringraziato Giorgia Meloni per la regia della Conferenza di Roma e Starmer e Macron per l’iniziativa londinese. Alla riunione dei Volenterosi hanno partecipato l’inviato di Trump Kellogg e il senatore Richard Blumenthal, il che per Zelensky rappresenta un «segnale di grande unità». Così come incoraggiante è per lui che Trump ora «vede la mancanza di volontà della Russia di finire la guerra. Non so cosa intenda fare a seguire, ma lo ringrazio per questi segnali», ribadisce. La richiesta principale all’America comunque, sistemi d’arma a parte, è quella di rompere gli indugi sull’adozione di nuove sanzioni contro l’economia di guerra russa, unico strumento in grado di far cambiare davvero approccio a Vladimir Putin. E anche per riuscire ad avere l’impatto più efficace possibile sulle decisioni dell’Amministrazione Usa da Roma Zelensky conferma il licenziamento della sua ambasciatrice a Washington Oksana Markarova, invisa ai Repubblicani. Al suo posto, lascia intendere, potrebbe finire l’attuale ministro della Difesa Rustem Umerov, il che, ha detto Zelensky, «non potrà non avere un impatto in termini di cambiamenti anche nel governo».

Le ombre sul sostegno Usa e il peso per l’Ue

Alla fine della maratona di incontri alla Nuvola di Roma – tra leader ma anche tra imprese – la sensazione condivisa da molti dei protagonisti è che tutto resti appeso, con buona pace degli impegni europei, agli umori di Donald Trump. «Nelle passate edizioni la Conferenza sulla ripresa era stata poco più di un incontro tra l’Ucraina e il Paese ospitante, qui a Roma ha preso un’altra dimensione, quasi quella di un summit Ue-Ucraina, senza contare il peso del coinvolgimento delle imprese, delle autorità locali e della società civile», sottolinea a Open Oleksandr Sushko, direttore della International Renaissance Foundation di Kiev. Eppure l’elefante nelle stanza si chiama America. «Ho sentito Kellogg parlare sia ieri che oggi, dice cose ragionevoli, sa come parlare al pubblico che ha di fronte. Ma ha un mandato molto limitato». L’inviato di Trump, non a caso, ha evitato nella due giorni romana qualsiasi uscita pubblica: profilo bassissimo, così come quello tenuto dai Congressmen che hanno in mano il pacchetto sanzioni, Lindsey Graham e Richard Blumenthal. «Tutto cambia ogni giorno, l’unica cosa prevedibile è l’imprevedibilità di Trump: anche loro sono appesi ai suoi umori», conferma a Open una fonte a conoscenza del dibattito all’interno dell’Amministrazione Usa. Secondo Sushko, comunque, la direzione di marcia complessiva è piuttosto chiara: «Gli Usa vogliono via via abbandonare ogni assistenza all’Ucraina, passare se mai a venderle materiali e al ruolo di mediatori con la Russia». Il peso del sostegno a Kiev, dunque, andrà portato progressivamente sulle spalle degli europei. Ammesso che basti.

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