Vacanze con la febbre: tra influenza e virus respiratori, perché anche l’estate è diventata stagione virale


L’estate è nel pieno ma l’influenza sembra non voler andare in vacanza: nelle ultime settimane sempre più persone in Italia hanno segnalato ai loro medici di base forte febbre, dolori articolari, sintomi respiratori e mal di gola. Come in un dicembre qualsiasi, molti fanno da sé, tentando di gestire i giorni di malessere, sognando l’atteso relax ma rimanendo a letto a starnutire. È la fotografia di un’anomalia che i dati confermano: l’Italia continua a registrare oltre 200.000 casi a settimana di sindromi simil-influenzali. Un andamento inaspettato per la stagione calda ma coerente con quanto osservato da medici e virologi fin dall’inizio dell’anno. La stagione influenzale 2024-2025 è stata tra le più estese degli ultimi anni e quello che viene più sottolineato dagli scienziati è che, in alcuni casi, sembra non essersi mai davvero conclusa.
Non si tratta soltanto di influenza classica. A contribuire alla diffusione dei sintomi sono anche altri virus respiratori, noti ma spesso sottovalutati, che continuano a circolare anche nei mesi estivi:
- I rhinovirus: responsabili del comune raffreddore, sono piuttosto contagiosi e possono provocare naso chiuso, mal di gola e tosse.
- Gli adenovirus: responsabili delle infezioni respiratorie, congiuntiviti o disturbi gastrointestinali, soprattutto nei bambini.
- I virus parainfluenzali: diversi dal virus influenzale vero e proprio, colpiscono spesso le vie aeree superiori, causando laringiti o bronchiti.
- I Coronavirus stagionali: appartenenti alla stessa famiglia del SARS-CoV-2 ma meno aggressivi, sono in grado di provocare raffreddori e bronchiti anche in estate.
Un mosaico virale eterogeneo, dunque, che sfugge alla tradizionale logica della stagionalità e contribuisce a mantenere alta l’incidenza delle infezioni respiratorie anche quando, secondo il calendario, queste dovrebbero essere in pausa.
Un andamento prolungato e fuori stagione
Secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso la piattaforma di sorveglianza RespiVirNet, la stagione influenzale 2024-2025 si è distinta per due elementi: l’elevato numero complessivo di casi e la durata eccezionalmente prolungata dell’attività virale. In totale, tra ottobre e fine aprile, si stima che in Italia siano stati registrati oltre 16,1 milioni di casi di sindromi simil-influenzali. Si tratta di una delle stagioni più intense degli ultimi anni, con un incremento di circa un milione e mezzo di casi rispetto all’annata precedente. E anche in settimane in cui solitamente l’epidemia si esaurisce, come la settimana 17 (22–28 aprile), i casi sono rimasti alti: oltre 221.000 nuovi contagi stimati, pari a 3,7 casi per mille assistiti. Anche nelle settimane successive la trasmissione non si è interrotta, ma ha continuato a produrre numeri significativi: si stima una media di circa 200.000 nuovi casi a settimana ancora oggi, nel pieno dell’estate. Si tratta di un dato che, pur in calo rispetto al picco stagionale, non trova precedenti recenti nei mesi caldi, e che testimonia un cambiamento nei tempi e nei ritmi con cui i virus respiratori stanno circolando.
Un elemento che ha contribuito a questa persistenza è anche l’assenza di un ceppo influenzale dominante. Nelle stagioni tipiche, un singolo virus tende a prevalere e a guidare il decorso dell’epidemia, con un picco netto e una rapida discesa. Quest’anno, invece, i diversi virus influenzali si sono distribuiti in modo più equilibrato: A/H1N1, A/H3N2 e virus B hanno circolato contemporaneamente, rendendo la diffusione più diluita e prolungata nel tempo. A questa base si è aggiunta la presenza continua di altri virus respiratori, che hanno contribuito ad alimentare i sintomi tipici dell’influenza e a tenere alta l’incidenza anche nei mesi non tradizionalmente associati a questo tipo di patologie.
Fattori determinanti che hanno trovato un booster anche nel contesto climatico. La primavera 2025 è stata caratterizzata da forti sbalzi termici, con frequenti passaggi da giornate fredde a improvvise ondate di caldo. Queste condizioni, note per facilitare la diffusione dei virus respiratori, hanno probabilmente contribuito a mettere sotto stress il sistema immunitario, in particolare nei soggetti più fragili e prolungare la sensibilità dell’organismo anche nei mesi più caldi.
Sintomi dell’estate: quando l’influenza si presenta fuori stagione
Anche se i virus respiratori dell’estate 2025 non sono sempre quelli classici dell’influenza, i sintomi riferiti dai pazienti sono in molti casi sovrapponibili a quelli osservati nei mesi invernali. Le forme più diffuse iniziano con mal di gola, raffreddore, stanchezza generalizzata e talvolta si accompagnano a febbre moderata, che può superare i 38 °C ma tende a durare poco.
Altri sintomi frequenti includono:
- Dolori muscolari e articolari, specie nei primi giorni;
- Tosse secca o grassa, spesso persistente anche dopo la fase acuta;
- Malessere intestinale (in alcuni casi), con nausea o lievi disturbi gastrointestinali;
- Mal di testa e fotofobia, soprattutto nei soggetti più giovani.
Rispetto all’influenza stagionale classica, molti pazienti riferiscono una sintomatologia meno violenta ma più lunga, con spossatezza prolungata anche dopo la scomparsa della febbre. Questo andamento riflette la natura eterogenea dei virus in circolazione, che non sempre colpiscono in modo acuto ma tendono a provocare infezioni di basso grado che si trascinano per giorni, talvolta con ricadute.
Anche in assenza di febbre alta, i medici raccomandano attenzione ai sintomi respiratori persistenti, soprattutto se associati a difficoltà respiratoria, calo dell’appetito o peggioramento delle condizioni generali, in particolare nei soggetti anziani, fragili o non vaccinati.
Tra Covid e influenza, un fenomeno globale: anche l’estate è diventata stagione virale
L’estensione anomala dell’attività influenzale non riguarda solo l’Italia. Negli Stati Uniti, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) stanno monitorando da settimane un nuovo aumento dei casi di Covid-19, segnalato dai dati ambientali (acque reflue), dagli accessi ai pronto soccorso e dai tassi di positività ai test. Anche se i livelli assoluti restano contenuti rispetto alle fasi acute della pandemia, la curva è in risalita in oltre metà degli Stati federati.
A contribuire alla nuova ondata estiva sono alcune varianti di Omicron, in particolare NB.1.8.1 e XFG, classificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “variants under monitoring”. Le caratteristiche di queste sottovarianti sembrano simili a quelle già note: alta trasmissibilità, sintomi prevalentemente alle vie respiratorie superiori (mal di gola, febbre, affaticamento, disturbi gastrointestinali) e bassa gravità clinica nei soggetti vaccinati o già esposti. Secondo gli esperti, l’aumento estivo non è anomalo ma rappresenta un pattern ormai ricorrente, che si è stabilizzato dopo il 2022.
Come spiegano i CDC, il Covid non è più un virus stagionale nel senso tradizionale: può avere picchi estivi, autunnali o invernali, e colpisce con dinamiche non più prevedibili esclusivamente su base climatica. Lo stesso vale, in parte, per l’influenza e per gli altri virus respiratori, che sembrano sempre più in grado di circolare al di fuori dei mesi freddi. Questa perdita di stagionalità, osservata anche in altri Paesi come Giappone, Australia, Canada e Germania, suggerisce una trasformazione più profonda: la relazione tra virus, clima e comportamento umano si sta modificando. L’intensificazione del traffico aereo, l’uso diffuso di ambienti chiusi e climatizzati, la maggiore mobilità internazionale e le oscillazioni climatiche rendono più facile la sopravvivenza e la trasmissione dei virus anche fuori stagione.
A livello internazionale, gli esperti iniziano a parlare di un nuovo equilibrio virale, in cui la stagionalità classica viene sostituita da una presenza continua, fatta di onde sovrapposte, periodi di alta e bassa intensità, ma senza un calendario prevedibile. In questo scenario, anche la comunicazione pubblica e le strategie vaccinali dovranno adattarsi a una circolazione virale più flessibile e meno concentrata.
L’effetto della temperatura sui virus e il nuovo equilibrio
Storicamente l’influenza è sempre stata considerata una malattia stagionale, con picchi concentrati nei mesi freddi dell’anno, tra novembre e marzo nell’emisfero boreale. Le ragioni di questa stagionalità sono biologiche, ambientali e comportamentali. Dal punto di vista ambientale, i virus influenzali si conservano meglio a temperature basse e umidità relativa ridotta, condizioni tipiche dell’inverno. Il freddo rende più stabile l’involucro virale, facilitandone la sopravvivenza nell’aria e sulle superfici. In estate, al contrario, il caldo e l’umidità inattivano più rapidamente le particelle virali, riducendone il potenziale infettivo.
Sul piano comportamentale, nei mesi freddi le persone tendono a passare più tempo in ambienti chiusi e poco ventilati, dove la trasmissione dei virus respiratori è più efficace. In estate, la vita si sposta all’aperto, dove la dispersione delle particelle virali è maggiore e il rischio di contagio si abbassa drasticamente. Anche il sistema immunitario gioca un ruolo: alcune ricerche suggeriscono che l’organismo sia più vulnerabile alle infezioni respiratorie in inverno, sia per fattori fisiologici (es. ridotta esposizione alla luce solare e conseguente calo della vitamina D), sia per la maggiore incidenza di patologie croniche esacerbate dal freddo.
Tutti questi elementi hanno reso per decenni l’influenza un virus tipicamente invernale, tanto che anche le campagne vaccinali sono sempre state programmate in autunno per anticipare il picco previsto. L’anomalia osservata nell’estate 2025, con centinaia di migliaia di casi ancora attivi, rompe quindi uno schema consolidato e impone nuove riflessioni sul comportamento dei virus in un contesto climatico, immunologico e sociale in evoluzione.
Prevenzione: cosa fare quando i virus non vanno in vacanza
In un contesto in cui la stagionalità dei virus respiratori sembra sempre meno definita, le strategie di prevenzione assumono un ruolo centrale. Anche in estate, quando l’attenzione ai virus tende a calare, è importante ricordare che la circolazione virale non si interrompe.
La vaccinazione antinfluenzale resta la principale misura di protezione per le categorie a rischio: over 65, bambini piccoli, donne in gravidanza, persone con patologie croniche o immunodepressione. In vista della prossima stagione autunnale, gli esperti raccomandano di non attendere l’ultimo momento per vaccinarsi, considerando che l’immunità si sviluppa in circa due settimane.
Anche per il Covid-19 le autorità sanitarie stanno preparando una nuova campagna vaccinale autunnale con formulazioni aggiornate alle varianti più recenti. Nel frattempo, per chi appartiene a gruppi vulnerabili, è possibile accedere a terapie antivirali nei primi giorni dall’inizio dei sintomi, riducendo il rischio di complicazioni.
Sul piano quotidiano alcune buone pratiche restano valide tutto l’anno:
- garantire una buona ventilazione degli ambienti interni, anche quando si utilizza l’aria condizionata;
- lavarsi le mani frequentemente, soprattutto dopo contatti ravvicinati o in luoghi affollati;
- evitare il contatto stretto con persone fragili se si hanno sintomi respiratori attivi, anche lievi.