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Clima, il verdetto «storico» della Corte internazionale di giustizia: «Gli Stati hanno l’obbligo legale di ridurre le emissioni»

23 Luglio 2025 - 18:12 Gianluca Brambilla
sentenza onu clima
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Il parere dei giudici dell'Aia (non vincolante) spiana la strada ai cosiddetti «contenziosi climatici». Esultano gli attivisti: «Questa sentenza è un'ancora di salvezza»

Gli Stati (e per estensione anche le aziende) hanno il dovere di fermare il riscaldamento globale e dovrebbero essere ritenuti legalmente responsabili delle loro emissioni di gas serra. Ha una portata storica il parere emesso oggi, mercoledì 23 luglio, dalla Corte internazionale di giustizia. Per la prima volta, il massimo tribunale delle Nazioni Unite è stato chiamato a esprimersi in materia di cambiamenti climatici. E il verdetto a cui sono giunti i quindici giudici del collegio è inequivocabile: i cambiamenti climatici rappresentano «una minaccia esistenziale» e i governi sono tenuti ad agire di conseguenza per limitarne gli impatti peggiori.

Il futuro dei «contenziosi climatici»

In realtà, la sentenza emessa dalla Corte internazionale di giustizia è un parere consultivo e, di conseguenza, non è vincolante. Nonostante ciò, il verdetto raggiunto oggi dai giudici dell’Aia è destinato a fare giurisprudenza e spiana di fatto la strada alle cosiddette climate litigations, ossia le cause portate avanti da associazioni per il clima o gruppi di cittadini contro aziende e governi accusati di non fare abbastanza per affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. In Italia, uno dei contenziosi climatici più recenti è quello promosso da Greenpeace e ReCommon contro Eni (e ancora in corso). «Le emissioni di gas serra sono inequivocabilmente causate dalle attività umane, che non sono limitate territorialmente», ha spiegato il giudice Yūji Iwasawa durante la lettura della sentenza. Gli Stati hanno l’obbligo di ridurre il proprio impatto sul clima e qualora non dovessero riuscirci «hanno l’obbligo di risarcire».

La mobilitazione degli attivisti (e dell’Onu)

Il parere consultivo annunciato oggi all’Aia è il risultato di un percorso iniziato nel 2019, quando un gruppo di studenti delle isole del Pacifico – riuniti dalla campagna Pacific Islands Students Fighting Climate Change – ha unito oltre 1.500 organizzazioni e, nel 2023, ha ottenuto l’adozione della richiesta di parere consultivo da parte dell’assemblea generale delle Nazioni Unite. Ai giudici del tribunale internazionale dell’Aia sono state rivolte, in particolare, due domande: quali sono gli obblighi degli Stati, ai sensi del diritto internazionale, per affrontare il cambiamento climatico per le generazioni presenti e future? E quali sono le conseguenze giuridiche derivanti da tali obblighi per gli Stati che non lo fanno?

Cosa ha stabilito il tribunale dell’Aia

Il verdetto dei giudici dell’Aia ha stabilito che gli Stati e i principali inquinatori storici hanno un chiaro obbligo giuridico di ridurre le emissioni di gas serra e prevenire le conseguenze più gravi del cambiamento climatico. Quest’obbligo, in particolare, si applica al consumo e all’estrazione di combustibili fossili e alla mancanza di una regolamentazione adeguata per favorire la transizione verso un’economia a zero emissioni. Il punto di riferimento giuridico per determinare un’ambizione sufficiente è il limite di temperatura di 1,5°C previsto dagli Accordi di Parigi del 2015. La sentenza emessa oggi ribadisce poi come il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile sia una condizione preliminare e indispensabile per poter rispettare tutti gli altri diritti umani.

Esultano gli attivisti per il clima

Il verdetto del tribunale dell’Aia è stato accolto come una vittoria storica dai movimenti per il clima. «La decisione della Corte Internazionale di Giustizia afferma una semplice verità sulla giustizia climatica: coloro che hanno contribuito meno ad alimentare questa crisi meritano protezione, risarcimento e un futuro. Questa sentenza è un’ancora di salvezza per le comunità del Pacifico in prima linea», ha commentato Vishal Prasad, volto del movimento Pacific Islands’ Students Fighting Climate Change. Dello stesso tenore anche il commento di Mary Robinson, ex alta commissaria dell’Onu per i Diritti umani: «La Corte Suprema del mondo ci ha fornito un nuovo, potente strumento per proteggere le persone dagli impatti devastanti della crisi climatica e per rendere giustizia per i danni che le loro emissioni hanno già causato».

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