Indossò la maglia «Auschwitzland» a Predappio. Assolta (di nuovo) Selene Ticchi perché «il fatto non sussiste»


«Assolta perché il fatto non sussiste». Questa la sentenza ormai definitiva, su Selene Ticchi che nel 2018 aveva indossato una maglia nera con la scritta bianca «Auschwitzland» durante una commemorazione a Predappio. Sulla maglia, con caratteri che richiamavano la scritta Disneyland, appariva una cinta muraria simile a quella dell’ex campo di sterminio di Auschwitz.
«Contenta due volte»
A dare notizia dell’assoluzione è il Corriere della Sera. Ticchi non ha fatto quindi «propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, l’istigazione a commettere o commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». L’assoluzione, stabilita dal tribunale di Forlì, è arrivata dopo che la Cassazione aveva annullato la prima assoluzione. Ticchi fu processata per la prima volta nel 2022 per violazione della legge Mancino, poi i giudici di Roma annullarono il processo chiedendo un nuovo capo di imputazione (violazione dell’articolo 604bis). A difenderla nel corso dei due procedimenti il marito, l’avvocato Daniele D’Urso. «Sono contenta due volte – ha commentato la diretta interessata – come due sono state le assoluzioni».