Il Senato salva Sangiuliano sulla chiave di Pompei regalata a Maria Rosaria Boccia: l’ex ministro non andrà a processo


L’aula del Senato ha votato oggi a maggioranza contro l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, indagato per reato di peculato. Il giornalista prestato alla politica in quota FdI aveva regalato a Maria Rosaria Boccia la cosiddetta «chiave d’onore» della città di Pompei, che lui aveva ricevuto a sua volta dal comune campano. Con 112 voti favorevoli e 57 contrari, il Senato ha respinto il processo negando l’autorizzazione a procedere contro l’ex ministro.
Lo schieramento dell’Aula accanto a Sangiuliano
Su 200 senatori, 112 hanno votato a favore dell’immunità per l’ex ministro della Cultura. 57 i contrari. Ha vinto dunque il no all’autorizzazione a procedere. Alla base del verdetto, la convinzione che l’ipotetico reato sarebbe stato compiuto per «il perseguimento del preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo» e non si tratterebbe quindi di un reato ordinario. I legali dell’ex ministro hanno fatto sapere che anche la Procura si era dimostrata dello stesso parare. Aveva infatti richiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che la chiave al centro della questione fosse stata «acquistata e pagata dall’ex ministro, che ne è diventato il legittimo proprietario».
Le dimissioni dopo il caso della chiave d’oro
La vicenda della chiave d’oro di Pompei ruota intorno all’oggetto (del valore di 12mila euro) che il sindaco della città aveva donato al ministro in occasione della consegna della cittadinanza onoraria. Un oggetto del valore di 12mila euro di cui si erano perse le tracce. Secondo le ricostruzioni, una volta conosciutone il valore, Sangiuliano aveva provveduto ad acquistarla versando i soldi alla Ragioneria dello Stato. La chiave sarebbe poi stata donata dal ministro all’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, con cui intratteneva una relazione.
La reazione delle opposizioni
Dopo la decisione del Senato, le opposizioni non hanno tardato a farsi sentire. La tesi sostenuta dalla maggioranza, infatti, sarebbe «una tesi fantasiosa. Qui si parla di appropriazione ed utilizzazione personale di un bene, non di attività ministeriale o di visibilità internazionale di Pompei. L’atto contestato è personale, privo di connessione diretta con una scelta politica o amministrativa. Parliamo di una evidente utilità privata. Peraltro, ad oggi sembra che la chiave sia in possesso di una persona che non è l’ex ministro Sangiuliano, dov’è l’interesse pubblico perseguito? Se l’ex Ministro ritiene di aver agito con correttezza, è lui stesso che dovrebbe sollecitare il processo per chiarire la propria posizione» ha dichiarato la senatrice pentastellata Ketty Damante, ripresa dall’Ansa.
Il parere del Senato su Gasparri e Renzi
Nella stessa seduta, l’Aula di Palazzo Madama ha deciso anche le sorti di Maurizio Gasparri. Alla fine del 2023, il capogruppo di Forza Italia aveva accusato in una dichiarazione il procuratore aggiunto delle Repubblica presso il Tribunale di Firenze di agire con finalità politiche per poter ottenere una candidatura alle europee 2024. Di qui la querela del magistrato. In questo caso, i voti a favore sono stati 117, i contrari (Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra) 23. Palazzo Madama ha infine giudicato insindacabili anche le affermazioni di Matteo Renzi contenute in un capitolo del libro Il Mostro, in cui accusava la pm Christine Fumia von Borries di non aver tenuto conto di prove a discarico dei genitori pur di ottenerne la condanna. I voti in favore della insindacabilità sono stati 118, quelli contro (Movimento 5 Stelle) 18.