Ue-Usa, altro che accordo: sui dazi si negozia ad oltranza. La rabbia di Macron e la frenata di Giorgetti: «Aiuti alle imprese? Prematuro»


Più che un vero accordo commerciale, assomiglia sempre più a una generica intesa politica quella siglata domenica scorsa a Turnberry, in Scozia, tra Donald Trump e Ursula von der Leyen. Fin dalle prime ore dopo l’annuncio dei due leader, è apparso chiaro che tra Unione europea e Stati Uniti restavano ancora parecchie questioni in sospeso in materia di dazi e flussi commerciali. E infatti, a distanza di quattro giorni da quella stretta di mano a favore di telecamere, continuano i negoziati dietro le quinte per definire gli ultimi dettagli prima di venerdì 1° agosto, giorno in cui – in assenza di un’intesa – entrerebbero in vigore tariffe statunitensi del 30% su tutto l’export europeo (o quasi).
I nodi ancora da sciogliere sui dazi
L’accordo annunciato da Trump e von der Leyen in Scozia prevede dazi del 15% su buona parte delle merci europee che arrivano alle dogane statunitensi, oltre a vari impegni da parte del Vecchio Continente per quanto riguarda l’acquisto di gas naturale, petrolio, armi e non solo. Restano però alcuni settori, a partire dall’automotive e dalla farmaceutica, il cui destino appare più che mai incerto, se non altro perché le comunicazioni delle due parti sembrano divergere su ciò che accadrà a partire da agosto. Una conferma piuttosto lampante del fatto che non tutti i dettagli sono ancora stati definiti. L’obiettivo, rivelano fonti di Bruxelles, è pubblicare una dichiarazione congiunta e non vincolante entro venerdì.
La posizione di Ue e Usa
«Se mi aspetto di continuare a parlare con i responsabili del Commercio della Commissione europea? Sì», ha detto nelle scorse ore Howard Lutnick, segretario al Commercio della Casa Bianca. Tra i temi sul tavolo resta anche la tassa sui servizi digitali, che l’Ue pianifica di approvare per colpire i colossi del Big Tech ma che Washington vorrebbe bloccare una volta per tutte. «C’è ancora molto da negoziare», ha ribadito ancora Lutnick ai microfoni di Cnbc. Da parte sua, l’Ue ha intenzione di congelare per sei mesi i contro-dazi sui prodotti statunitensi che sarebbero scattati il prossimo 7 agosto. La decisione, però, sarà formalizzata solo una volta definito il testo quadro dell’intesa stretta domenica da von der Leyen e Trump. Anche perché quell’accordo non ha raccolto grandi applausi nel Vecchio Continente.
L’ira di Macron e la prudenza di Giorgetti
Anzi, la stragrande maggioranza dei capi di governo ha espresso forti critiche, a partire dalla Francia, che avrebbe preferito una linea dura e intransigente dell’Europa di fronte alle minacce di Trump. Nella trattativa con Washington, «l’Ue non è stata temuta abbastanza. E per essere liberi, bisogna essere temuti», ha tuonato il presidente francese Emmanuel Macron durante il Consiglio dei ministri. «La Francia – ha aggiunto l’inquilino dell’Eliseo – ha sempre tenuto una posizione ferma e intransigente e continuerà a farlo. Non ci fermeremo». Più cauto si è mostrato in questi giorni il governo italiano, che però non ha nascosto la preoccupazione per il possibile impatto sul made in Italy. Oggi però il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha voluto raffreddare le speranze (o i timori) di chi già intravede nuovi aiuti pubblici alle imprese dei settori colpiti dai dazi Usa: «Parlare ora di iniziative di contrasto agli effetti dei dazi sulle imprese è prematuro», ha tagliato corto Giorgetti rispondendo al question time alla Camera. In Scozia, ha confermato, è stato raggiunto «un accordo politico» che deve ancora essere dettagliato: è così stata scongiurata una guerra commerciale e si è chiusa una fase di incertezza, ma una valutazione complessiva dell’impatto «ad oggi non si può trarre».
Foto copertina: EPA/Gonzalo Fuentes z | Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron alla Sorbona di Parigi lo scorso 5 maggio summit