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Aperitivo a Milano a meno di 10 euro: tre posti accessibili che raccontano il volto della città – Il video

03 Agosto 2025 - 17:38 Valentina Romagnoli
Un pub di quartiere che un tempo apparteneva a uno dei criminali più famosi della mala milanese, l’ultimo minimarket di Porta Venezia che ha trasformato la propria anima per adattarsi ai cambiamenti della zona e la prima “fissa dimora” di un comitato culturale

Simbolo della Milano che cambia sono anche i posti che conservano la stessa anima. I luoghi in cui, nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime, la gentrificazione e il caro affitti, è ancora possibile sedersi a un tavolo per prendere un aperitivo a meno di 10 euro. Open Spot nasce proprio da qui. Una rubrica che si pone l’obiettivo di mappare i luoghi di Milano dove ancora è possibile bere o mangiare qualcosa, anche per coloro che non hanno disponibilità economiche importanti. Abbiamo scelto posti che, oltre a raccontare una storia, siano economicamente accessibili per tutte e tutti e comodi da raggiungere con i mezzi di trasporto. Questi bar sono testimoni dei mutamenti avvenuti tra le piazze e le vie circostanti. E quando si tratta di raccontarli, i proprietari rispondono con un sorriso accogliente, lo stesso di chi ha scelto di lavorare con il pubblico per passione. Non sono gli unici, ne siamo certi, ma ecco tre tappe per un aperitivo milanese alla portata di tutti.

La Bottega del Pane Artistico, storia dell’ultimo alimentari di Porta Venezia

Il punto di forza di Carlo Accardi è sempre stata l’empatia. Quando i suoi genitori nel 1972 aprirono l’alimentari all’angolo tra via Melzo e via Lambro, lui era un bambino. Con gli altri ragazzi del quartiere giocava tra le vie di una zona che all’epoca era solo pedonale. Poi, Milano, e in particolare Porta Venezia, hanno schiacciato l’acceleratore, cambiando faccia più volte, dagli anni Ottanta in poi. E lui, dapprima come dipendente insieme ai genitori, e poi come proprietario a tutti gli effetti, si è adattato alle evoluzioni della città e della clientela, sempre senza rinunciare a proteggere l’eredità di famiglia.

I mille nomi e volti del locale

«Mio papà aveva aperto un panificio con minimarket, una sorta di drogheria», racconta Accardi, seduto di fronte a me, a un tavolino di quello che oggi è il suo locale dalle mille anime e dai mille nomi. Quello ufficiale è «La Bottega del Pane Artistico», come recita l’insegna bianca e azzurra appesa sopra all’ingresso al numero 9 di via Lambro. I più affezionati la chiamano semplicemente «Bottega» e per alcuni, invece, è famoso come «Il fornaio». «Quando hanno iniziato ad aprire i primi grandi supermercati della zona, come l’Esselunga di Viale Piave, il lavoro per noi ha iniziato a calare». Da lì, la prima rivoluzione. Da alimentari di quartiere, la famiglia Accardi ha deciso di puntare soprattutto sui prodotti da forno, iniziando a lavorare anche all’ingrosso, rifornendo ristoranti e mense scolastiche. Ma la vera svolta è arrivata nel 2016, grazie all’idea di un cugino e a una macchinetta del caffè. «Lavorava per l’Ottolina, ed è stato lui a dirmi di provare a mettere una macchina del caffè, per risollevare gli affari che all’epoca continuavano a calare». Così «La Bottega» è diventata una caffetteria, dove gli avventori potevano accompagnare un espresso con ai prodotti del forno.

Carlo Accardi dietro al bancone della sua Bottega del Pane Artistico

La rivoluzione dell’aperitivo e la rosticceria

Ma come si è trasformato da alimentari di quartiere a mecca dell’aperitivo accessibile? «È stato dettato tutto dai clienti -, racconta Accardi, tra il serio e il faceto – io non ho deciso quasi nulla, sono loro che mi hanno costretto». Sempre più persone, infatti, attratte dalla posizione strategica e dai prezzi contenuti, sceglievano la Bottega per l’aperitivo. «Più locali aprivano qui intorno, e più gente arrivava anche da noi». Ma nonostante la fortuna di “trovarsi nel posto giusto al momento giusto”, non è stato facile. Oggi, nel locale, convivono ancora le anime che negli anni lo hanno caratterizzato. All’ora di pranzo è possibile acquistare piatti di rosticceria, che il figlio di Carlo, Roberto, 21 anni, prepara anche grazie a qualche esperienza da chef. Sugli scaffali, pacchi di pasta, di zucchero e di passata di pomodoro, che oggi Roberto utilizza per cucinare, ma che a volte capita di vendere ancora a qualche cliente.

L’eredità della famiglia Accardi

Il bancone centrale, rimasto lo stesso dal 1972, espone pizze e focacce che ogni mattina Carlo prepara con l’aiuto dei suoi collaboratori e di suo padre Francesco che oggi, a 90 anni, si occupa ancora della biga, il preimpasto che serve da base per realizzare i lievitati. «Quando ho aperto l’angolo bar nel 2016 ho dovuto scontrarmi con lui, perché io tenevo i conti e sapevo che in quel momento era la cosa giusta da fare, ma lui diceva che gli avrei rovinato ciò che aveva costruito». Eppure, ogni tanto, Francesco scende ancora in negozio. Capita di vederlo seduto a uno dei tavolini, oppure mentre sistema la merce sugli scaffali. «Quando il locale è pieno e non trova posto per sedersi a volte mi guarda, e mi dice “Ma cosa fa qua tutte questa gente?”», Carlo sorride. Alla Bottega del Pane Artistico l’aperitivo costa ancora 5 euro e comprende una birra, uno spritz (anche Select), un calice di vino, o un analcolico, con un abbondante piattino di pizze e focacce dal forno. Il sorriso di Carlo e suo figlio Roberto, sono inclusi nel prezzo. 

Carlo Accardi e il figlio Roberto

Larg_O bar, la prima casa di una associazione culturale dai giovani per i giovani

«All’inizio avevamo deciso di chiudere un paio di settimane ad agosto», racconta Niccolò Baj, classe 1994, davanti al locale di cui è socio, Largo_o, al numero 44 di via Anfossi, proprio davanti al parco Formentano, macchia verde del quartiere Porta Romana. «Ora non chiudiamo quasi mai, a parte a capodanno e pochi altri giorni, ma non mi pesa». Il piccolo bar ad angolo che nell’arredamento mescola il vecchio e il nuovo è un progetto che nasce nel 2021 da quattro dei nove fondatori dell’associazione culturale APE, che dal 2011 anima alcuni dei parchi e delle piazze più celebri della città, con feste ed eventi culturali. «Larg_o è il nostro primo vero lavoro a tempo pieno, è nato dalla volontà di creare un’attività che non fosse più solo stagionale, come quella di APE, ma che assorbisse il 100 percento del nostro tempo», spiega Gianluca Santamato, classe 1991, anche lui socio di Larg_o e chef di formazione. 

L’asta a busta chiusa e le origini di APE

Così, subito dopo la prima ondata di Covid, i ragazzi hanno partecipato a un’asta a busta chiusa per aggiudicarsi il locale al piano terra di una palazzina dell’Aler, l’azienda lombarda per l’edilizia residenziale. «Prima di noi qui c’era un bar caffetteria. Io avevo adocchiato il locale perché all’epoca abitavo qui vicino e quando l’ho visto sfitto mi sono subito informato», continua Gianluca. Ma è difficile raccontare la storia del bar, senza partire dalla nascita di APE, nel 2011. «È nato tutto un po’ per gioco, con i primi eventi al Chiosco di Pippo nei giardinetti di porta Venezia, che hanno attratto l’attenzione di alcuni consiglieri di zona 1». Eventi gratuiti, all’aperto, con musica e consumazioni a prezzi popolari, tutti elementi fondanti per l’associazione anche gli anni a seguire. «Era l’epoca della delocalizzazione della movida, della riqualificazione di alcune zone della città». Quegli erano anche gli anni di una nuova giunta di sinistra, quella del sindaco Giuliano Pisapia, dopo più di vent’anni in cui nel capoluogo Lombardo si erano alternate diverse amministrazioni di destra. Una storia a lieto fine, insomma, o piuttosto un buon inizio. Nel 2024, un altro progetto di ospitalità ha coinvolto alcuni dei soci di Ape. «Cucina Franca», un piccolo bistrot poco distanze da Larg_o in cui si lavora con la stessa filosofia: pochi fronzoli, prezzi onesti e qualità della materia prima.

Da sinistra, Niccolò Baj, Gianluca Santamato e Alberto Piccardo, soci di Larg_o

Il trucco per lavorare bene? «Bisogna essere bravi»

Quando il sole si abbassa illuminando di sbieco il parco, il muretto di fronte a Larg_o di solito è già pieno di avventori che, non trovando posto per accomodarsi nel dehors, si accontentano di una sistemazione più spartana. Per lavorare tanto e bene, dice Gianluca, «bisogna essere bravi». Non pecca di presunzione e si spiega subito meglio: «O hai volumi a disposizione, o hai tanto seguito. La nostra fortuna è la community che ci siamo costruiti negli anni e che continua a darci risposte». E così, oggi da Larg_o si può bere un calice di vino della casa accompagnato da uno dei loro piattini per 10 euro, dai crostini con la salsiccia di Bra, all’humus accompagnato da carciofi e zucchine sott’aceto, passando per toast con prosciutto cotto, stracchino fiorito e salsa tartara. «Teniamo molto a questa formula, la proponiamo da quando abbiamo aperto e non abbiamo intenzione di alzare i prezzi», puntualizza Santamato.

L’offerta gastronomica di Larg_O

Birreria Al Confine, da roccaforte della mala milanese a pub «di tutti»

Quando entro nel locale verso le 17.30, poco prima dell’apertura, Alessandro Ciceri, 47 anni, sta pulendo i fusti della sua «Birreria Al Confine», in Viale Coni Zugna 59. Sorride, è abituato a chiacchierare mentre lavora. «Questo posto ha una lunga storia», dice. Innanzitutto lo testimoniano le insegne iconiche di alcuni marchi di alcolici che troneggiano sopra gli scaffali, tra tutte, la targa «Campari» che il tempo ha reso ancora più affascinante. «Quella è dagli anni Sessanta che è lì, non l’ho mai spostata», dice Ciceri, che ha rilevato il locale nel 2004.

Tra gli ex proprietari anche il «ladro gentiluomo»

«Negli anni Settanta questo locale apparteneva a Luciano Lutring, che ne aveva fatto la base della propria banda», racconta. Morto nel 2013, Lutring è uno dei criminali più celebri dell’epoca della mala milanese, sicuramente amico dell’ancor più famoso Renato Vallanzasca, che frequentava la zona del Giambellino sin dalla gioventù. All’epoca il locale era noto come «American bar». Luci soffuse, tavoli da biliardo e un’atmosfera molto diversa da quella attuale. Lutring era famoso come «il ladro gentiluomo», un po’ per la sua vita da dandy, un po’ per il suo amore per le donne e per il lusso. «L’ho conosciuto anche io, era il 2005, o il 2006 quando venne qui e raccontò ai clienti un po’ della propria storia», ricorda Alessandro. Più tardi, negli anni Ottanta, il locale diventò una una delle prime paninoteche milanesi, quando ancora era lontano lo spettro dei fastfood americani. Si chiamava «Double Face».

Alessandro Ciceri, dietro il bancone della Birreria Al Confine

La scommessa vincente sulla birra

Quando alla fine del 2004 Ciceri ha deciso di rilevare l’attività, per rilanciare il locale dalle ultime sfortunate gestioni, ha scelto di puntare sulla birra. «Quando abbiamo aperto qui erano i primi anni del fuori salone, ricordo che all’epoca c’era tantissima gente. Ora l’evento si è delocalizzato, ma noi siamo rimasti com’eravamo». Al Confine non ha mai smesso di essere un punto di riferimento per coloro che cercano un locale semplice e accessibile, a pochi passi da una delle zone più care di Milano, al confine, appunto, tra Solari e San Vittore. «Fino a prima della pandemia chiudevamo tardi, anche alle 4 o alle 5 di mattina, la strada qui davanti era sempre piena di gente, ma dopo il covid ho deciso di puntare di più sull’offerta diurna e sugli aperitivi». Così è nata la formula che continua a fare la fortuna del locale: dalle 18 alle 22, tutti i giorni, se per bere si spendono almeno 5 euro, tutto il cibo è a metà prezzo. Una birra media e una porzione di patatine fritte costano in totale 7-8 euro. «La forza di Confine è essere una birreria di quartiere, dove puoi venire con gli amici, con tua madre o con tuo figlio – conclude Alessandro – da quando sono qui ho visto crescere e invecchiare i miei clienti, ce ne sono alcuni che venivano da ragazzini e ora si presentano con i figli».

Lo staff del Confine, da sinistra: Matteo Ghittoni, Mykol Toscano, Manuel e Alessandro Ciceri
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