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Le sei ore di agonia di Alessandro Venier: «Sedato e soffocato, ma continuava a reagire. Alla fine l’ho fatto a pezzi»

alessandro venier lorena mailyn omicidio
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La madre Lorena ha ricostruito davanti agli inquirenti come e perché avrebbe ucciso il figlio insieme alla compagna Mailyn: «La sua vita era in pericolo»

«Lo abbiamo stordito con un sonnifero verso le 17.30, ma è morto solo verso le 23. Non riuscivamo a finirlo». È uno dei passaggi più sconvolgenti della confessione resa da Lorena Venier, 61 anni, infermiera di Gemona del Friuli, accusata dell’omicidio del figlio Alessandro Venier, 35 anni. A ucciderlo, insieme alla compagna di lui, Mailyn Castro Monsalvo, sarebbe stato un mix di farmaci e tentativi di soffocamento andati a vuoto, proseguiti per oltre sei ore. «Abbiamo provato anche con un cuscino, ma lui continuava a reagire, seppure privo di forze», ha raccontato la donna agli investigatori. Poi, una volta constatato il decesso, avrebbe sezionato il corpo in tre parti con un seghetto: «Il piano iniziale non prevedeva di farlo a pezzi, ma il cadavere non entrava nel bidone. Così l’ho fatto da sola. Mailyn ha trasportato i resti nell’autorimessa e li ha coperti con la calce».

Il depezzamento del figlio

«Mi sono occupata da sola del “depezzamento” di Alessandro. Ho utilizzato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue e l’ho sezionato in tre pezzi. Non ci sono stati schizzi, per questo hanno trovato tutto in ordine». Questo è uno dei passaggi della confessione di Lorena Venier, infermiera 61enne di Gemona, sull’omicidio del figlio. E sul tentativo di far sparire il cadavere: «Avrei lasciato i suoi resti in un bosco in montagna, come avrebbe desiderato». Secondo il racconto della donna Mailyn Castro Monsalvo era nella stanza accanto: «Teneva in braccio la figlioletta. È ricomparsa per spostare le tre parti del corpo nel bidone sistemato nell’autorimessa».

L’indagine

L’indagine sull’omicidio di Alessandro Venier deve ora ripartire le responsabilità tra la madre e la compagna colombiana. I pezzi del corpo del 35enne sono stati ricoperti di calce. La madre l’aveva comprata qualche giorno prima su Amazon. E questo potrà far scattare la premeditazione. La donna ha raccontato che per ucciderlo «prima lo abbiamo narcotizzato con un farmaco sciolto nel limone. Ma era ancora vivo e allora gli ho fatto due iniezioni di insulina per essere certa che non avrebbe reagito. A quel punto Mailyn ha preso i lacci delle scarpe di Alessandro e ha tirato facendo leva con un piede sul corpo di mio figlio. A mani nude non riuscivamo a soffocarlo». Qui Lorena attribuisce all’altra persona l’atto dell’omicidio.

La fuga in Colombia

Secondo Lorena, il figlio Alessandro voleva partire il giorno dopo per la Colombia. Anche per evitare il carcere in seguito a una condanna per lesioni personali. «O agivamo subito oppure all’estero, senza di me, l’avrebbe finita. La vita di Mailyn era in pericolo» e quindi «dovevamo ucciderlo prima», ha spiegato l’infermiera. Confermando la paura che Alessandro volesse far male alla madre di sua nipote. L’avvocato Giovanni De Nardo ha detto che la sua assistita ha agito «a seguito di situazioni altrettanto abnormi». E ha chiesto per lei una perizia psichiatrica. Mailyn invece non ha ancora testimoniato. La donna è in cura per una depressione post partum. «È stata lei a chiamare il 112 perché ha avuto un cedimento , ma il piano era attendere e far sparire i resti», ha detto Lorena.

La chiamata al 112

All’operatrice del 112 la ragazza ha detto: «No Lorena… Aiuto, venite in via dei Lotti. Mia suocera vuole ammazzare suo figlio». L’infermiera ha riferito: «Mentre telefonava dicendo che avevo ucciso mio figlio, io tentavo di impedirglielo e di strapparle il telefono». Forse è in quel momento che si sono formati i lividi sulle braccia di Mailyn. Alessandro Venier uccideva gli animali con crudeltà (e a volte li esibiva a scuola), era alcoolista e aveva avuto problemi per droga. Aveva picchiato un collega, amava esibirsi online con video volgari, non era andato in carcere per detenzione di armi solo perché era appena nata la figlia. Ma nel 2008 era arrivato dove lavorava sua madre. E le aveva detto: «O mi dai i soldi, oppure finisce male».

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