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«Luca aveva un testicolo gonfio e Marirosa una ferita alla testa», la madre di uno dei “fidanzatini di Policoro” non crede alla fuga di gas e dopo 37 anni chiede di riaprire le indagini

18 Agosto 2025 - 12:21 Cecilia Dardana
fidanzatini policoro
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La notte del 23 marzo 1988, Luca Orioli, 23 anni, giaceva riverso sul pavimento, mentre la fidanzata Marirosa Andreotta, 21 anni, era senza vita nella vasca da bagno. La versione ufficiale archivia il caso come intossicazione da monossido ma per la madre di lui siamo di fronte a un «insabbiamento enorme»

La scena che si presentò davanti agli occhi dei soccorritori, la notte del 23 marzo 1988, non fu facile da dimenticare per Policoro, piccolo borgo in provincia di Matera. Luca Orioli, 23 anni, giaceva riverso sul pavimento, mentre la fidanzata Marirosa Andreotta, 21 anni, era senza vita nella vasca da bagno. Due giovani studenti, due promesse del futuro, spezzate in un attimo. La spiegazione ufficiale, allora, parlò di una fuga di monossido di carbonio: un incidente domestico, tragico ma non sospetto. Eppure, da subito, qualcosa non convinse tutti. Soprattutto la madre di Luca, Olimpia Fuina Orioli, che a questa versione non ha mai creduto e, ancora oggi, a 37 anni di distanza non smette di chiedere di riaprire le indagini.

La versione ufficiale della morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta

Gli inquirenti di Matera ipotizzarono che Marirosa fosse svenuta per prima, colpita dal gas mentre faceva la doccia. Luca, accorso per soccorrerla, sarebbe rimasto a sua volta vittima delle esalazioni. Una tesi che portò alla chiusura delle indagini, ma che con gli anni non ha mai smesso di sollevare dubbi. Già nel 1989 il giudice istruttore Michele Salvatore chiese ulteriori accertamenti, non convinto dell’ipotesi accidentale. Qualche anno più tardi anche l’allora pm Luigi De Magistris arrivò a parlare di un possibile «duplice omicidio dei fidanzatini». Nonostante queste ombre, la versione del monossido è rimasta la più accreditata nei fascicoli giudiziari.

La battaglia della madre di Luca Orioli

A non rassegnarsi è Olimpia Fuina Orioli, madre di Luca, oggi 84enne. Insegnante in pensione, da quasi quattro decenni porta avanti una battaglia solitaria per chiedere che il caso venga riaperto. Con il suo legale, Antonio Fiumefreddo, ha presentato un’istanza alla Procura generale di Potenza affinché si avocasse l’indagine, togliendola a quella di Matera. «Sono certa che mio figlio e Marirosa non sono morti per un incidente», afferma la donna. «La porta del bagno era aperta, la stanza areata, eppure si parla di monossido. Luca aveva un testicolo gonfio, come se fosse stato colpito, e Marirosa presentava una ferita alla testa. Sono segni che non possono essere ignorati».

La lettera di Marirosa a Luca e i festini

Sul caso pesano da sempre voci e retroscena mai del tutto chiariti. In una lettera scritta a Luca poco prima della tragedia, Marirosa accennava a un “segreto” che voleva cancellare dalla sua vita e temeva potesse allontanarlo da lei. Per la madre di Luca, quel segreto potrebbe aver avuto un peso nella loro morte. Negli anni, un collaboratore di giustizia, ex affiliato della criminalità di Tursi, parlò di festini organizzati in un villaggio turistico di Policoro, a cui avrebbero partecipato uomini potenti – professionisti, imprenditori e persino magistrati – insieme a giovanissime donne. Il custode del villaggio confermò un viavai sospetto di auto di grossa cilindrata. Ombre inquietanti che, nella ricostruzione della signora Orioli, si sarebbero intrecciate al destino dei due ragazzi.

Le richieste di Olimpia Fuina Orioli

L’anziana madre chiede che vengano ascoltati sacerdoti che, secondo lei, potrebbero conoscere particolari legati alle indagini o alla corrispondenza fra i due fidanzati, ma anche ex magistrati come Henry John Woodcock e Luigi De Magistris. E invoca la riesumazione dei corpi per nuovi esami medico-legali, alla luce delle tecniche scientifiche attuali. «So che si parla di incidente e che questa verità è ormai radicata», spiega. «Ma se le cose stanno come credo, ci troveremmo davanti a un insabbiamento enorme. Io non smetterò mai di chiedere giustizia per Luca».

Una lotta solitaria

La battaglia della signora Orioli è stata dura anche sul piano personale. Dopo la morte del marito, lei e la figlia minore furono costrette a lasciare Policoro per trasferirsi a Matera, bersaglio – racconta – di attacchi e isolamento sociale. «Mia figlia era ridotta pelle e ossa e mi implorò di andare via. L’ho fatto per lei, ma non ho mai smesso di lottare per mio figlio». A 37 anni di distanza, la vicenda dei “fidanzatini di Policoro” resta sospesa tra due versioni inconciliabili: da un lato l’incidente per monossido, dall’altro l’ipotesi del delitto e di un mistero mai risolto.

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