Il mistero sul Dna femminile vicino al corpo di Chiara Poggi, le tracce dimenticate nelle prime indagini su Garlasco: i tre reperti senza identità


Quando Chiara Poggi è stata uccisa il 13 agosto 2007, il killer non era solo nella villetta di via Pascoli a Garlasco. Su questa ipotesi si basa la nuova inchiesta della procura di Pavia, che vede indagato per concorso in omicidio con altre persone Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Che ci fossero altre persone quel giorno lo indicherebbero i nuovi accertamenti, molti dei quali ancora coperti da strettissimo riserbo. E in più una serie di elementi riemersi dalle decine di pagine della vecchia inchiesta, come riporta sul Tempo Rita Cavallaro. Il tutto porterebbe a pensare che in casa al momento dell’omicidio ci fosse una presenza femminile.
I tre profili genetici senza identità
Dai vecchi atti di indagine sull’omicidio di Garlasco sarebbe emerso un Dna appartenente a una donna. Escluso però che si tratti di Chiara Poggi. Lo dimostra, ricorda il Tempo, quanto scritto nella relazione biodattilo del 2007 redatta dal Ris di Parma. È in quella classificazione dei reperti generici che vengono indicati con l’etichetta di «vittima» quelli corrispondenti al codice genetico appunto di Chiara Poggi. Quelle invece rimasti sotto i «profili X», quindi non identificati, sono il reperto numero 57 prelevato dalla «maniglia porta a soffietto», il numero 59 preso dalla «leva miscelatore bagno» e il numero 60 dalla «maniglia porta di ingresso».
I sopralluoghi del Ris di Parma nel 2007
I reperti sono stati raccolti dai primi sopralluoghi dei carabinieri sotto il comando del generale Luciano Garofalo, oggi diviso tra il ruolo di consulente dell’indagato Andrea Sempio e presenza fissa in Tv come memoria storica di quelle indagini. Erano stati presi appunto dalla porta a soffietto della cantina, dove era stato gettato il corpo della vittima. Poi dalla leva del rubinetto del bagno, dove secondo i giudici che hanno condannato Alberto Stasi, l’omicida si sarebbe ripulito dal sangue, le cui tracce non sono mai state trovate addosso al fidanzato della vittima. E poi c’è l’impronta 10, lasciata da uno degli aggressori di Chiara Poggi ormai in fuga.
Perché quel Dna non aveva dato riscontri
Gli esami svolti su quel Dna femminile all’epoca non diedero riscontri perché fosse possibile un’identificazione. I risultati furono negativi, ricorda il Tempo, dopo che la caratterizzazione aveva dato esiti non utili, forse per lo scarso numero di marcatori. Ma sempre all’epoca quel Dna poteva essere comparato con le donne che frequentavano casa Poggi prima del delitto. Anche perché quel materiale si trovava in punti cruciali della scena del crimine.
La porta per la cantina e l’assenza di impronte di Stasi
Alberto Stasi dichiarò che aveva trovato la porta a soffietto per la cantina chiusa. Dovette aprirla per ritrovare il corpo della fidanzata. Il Tempo ricorda che all’epoca i Ris di Parma smontarono quella porta e la analizzarono con grande attenzione. Emersero impronte digitali di Marco Poggi, due digitali e una palmare non attribuite, e infine sulla maniglia un Dna femminile tutt’ora ignoto. Escluse invece tracce o impronte di Stasi. Così come non ce n’erano di sue sulla maniglia del portone, che il killer avrebbe chiuso dietro di sé prima di scappare. Di approfondimenti però sul lavabo del bagno e su quell’impronta femminile non ce ne furono.