Danimarca, neonata tolta alla madre Inuit dopo il test di “competenza genitoriale”, vietato perché razzista. Cosa è successo


Una neonata è stata sottratta alla madre poche ore dopo il parto in un ospedale vicino a Copenaghen, sulla base di un controverso test di “competenza genitoriale” che la legge danese vieta da alcuni mesi perché giudicato discriminatorio nei confronti degli Inuit. La vicenda, che ha sollevato indignazione in Groenlandia – terra d’origine della giovane donna – e manifestazioni anche all’estero, ha spinto il governo danese a chiedere chiarimenti ai servizi sociali responsabili del provvedimento.
La bimba tolta un’ora dopo il parto
La madre, Nikoline Bronlund, ha 18 anni ed è di etnia Inuit. Nata a Nuuk, capitale della Groenlandia, si era trasferita in Danimarca dopo essere stata adottata da una famiglia di origine mista groenlandese e danese. Ex giocatrice della nazionale giovanile di pallamano, lo scorso 11 agosto ha dato alla luce una bambina all’ospedale di Hvidovre. Un’ora dopo il parto, la neonata le è stata portata via.
La presunta incapacità di crescere la figlia
Durante la gravidanza, Nikoline era già stata sottoposta a un “test di competenza genitoriale”, un esame psicometrico che avrebbe valutato la sua presunta incapacità di crescere la figlia in modo adeguato. Il motivo? Un trauma subito in passato, quando il padre adottivo l’aveva abusata. Secondo i servizi sociali, quella esperienza l’avrebbe resa inadatta al ruolo di madre. I suoi avvocati contestano la decisione su due fronti: innanzitutto perché il test, da maggio, non può più essere usato con famiglie di origine groenlandese, in quanto ritenuto “culturalmente inadatto” e quindi razzista. Inoltre, la misura finirebbe per punire la giovane non per ciò che ha fatto, ma per ciò che ha subito.
Cos’è la “competenza genitoriale”
In diversi Paesi europei, i servizi sociali ricorrono a strumenti psicologici e questionari per stabilire se un genitore sia in grado di crescere un figlio: si parla di “test di competenza genitoriale”. In Danimarca, però, il test è stato criticato perché applicato in modo sproporzionato alle madri groenlandesi e alle famiglie Inuit. Il problema è che il test è stato costruito secondo criteri culturali danesi “continentali”: ad esempio valutava la capacità di organizzare la giornata, di gestire il tempo e le relazioni, oppure di rapportarsi alle istituzioni in un certo modo. Molti aspetti della vita tradizionale groenlandese – come una gestione comunitaria dei bambini, ritmi di vita diversi e modelli familiari meno “nucleari” – non erano contemplati.
Di conseguenza, donne perfettamente in grado di crescere i propri figli risultavano penalizzate perché non rispondevano ai parametri “standard” del test. In altre parole, il test partiva da un modello culturale che dava per scontato cosa fosse una “buona genitorialità” secondo la società danese, ma non riconosceva la validità di pratiche e valori inuit.
Perché il test è considerato culturalmente inadeguato
Per questo, a maggio 2024 il Parlamento danese ha modificato la legge, stabilendo che il test non potesse più essere applicato alle famiglie groenlandesi: perché considerato culturalmente inadeguato e quindi discriminatorio, cioè un uso istituzionale che di fatto produceva effetti razzisti. Ma nel caso di Nikoline, i servizi sociali hanno comunque applicato il test sostenendo che la ragazza «non fosse abbastanza groenlandese» per rientrare nella protezione della legge. Una tesi respinta con forza dalle organizzazioni per i diritti civili, che ricordano come la giovane sia Inuit al 100% e che solo i genitori adottivi abbiano origini miste.
Proteste e reazioni politiche
La vicenda ha provocato manifestazioni a Copenaghen, Nuuk e Reykjavík, oltre che a Belfast. La ministra danese per gli Affari sociali, Sophie Andersen, ha definito “inaccettabile” l’utilizzo del test e ha chiesto un riesame immediato della decisione. «Quei test non dovrebbero essere usati nei casi che coinvolgono famiglie groenlandesi, la legge parla chiaro», ha dichiarato. Per Nikoline, intanto, il dolore resta: può vedere la figlia solo due ore ogni due settimane, sotto stretta sorveglianza e senza poterla accudire. «Mi hanno spezzato il cuore – ha detto al Guardian – non so come fare senza di lei». La questione ha anche una ricaduta politica: alimenta le tensioni tra Groenlandia e Danimarca, in un momento in cui i partiti indipendentisti groenlandesi spingono sempre più per ridurre i legami con Copenaghen.