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Vittorio Sgarbi e i graffiti del Leoncavallo vincolati, la lezione dopo lo sfratto: «Erano come la Cappella Sistina: oggi quel posto non ha più senso»

24 Agosto 2025 - 07:36 Giulia Norvegno
Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
È finita una stagione secondo il critico d'arte, che da assessore alla Cultura di Milano si impegnò per vincolare i graffiti nei seminterrati del centro sociale oggi sgomberato. Come sta oggi dopo il lungo ricovero per la profonda depressione

In una delle sue vite passate, quando nel 2006 era stato assessore alla Cultura del Comune di Milano, Vittorio Sgarbi aveva definito i graffiti del centro sociale Leoncavallo «la Cappella Sistina della contemporaneità». Testimonianze artistiche che ricordano cosa è stato quel luogo, ma che ormai non lo è più dice Sgarbi intervistato da Repubblica: «Perciò lo sgombero del Leoncavallo era inevitabile». Fu lo stesso critico d’arte a proporre la tutela che sarebbe arrivata più avanti. Ed è sempre lui oggi, reduce da un lungo ricovero per una profonda depressione, ad archiviare la stagione del centro sociale più famoso d’Italia.

I graffiti vincolati dalla Soprintendenza

Nel 2023 arrivò anche il vincolo della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio del Comune di Milano. Venne riconosciuto il valore storico e artistico dei traffici di via Watteau, che furono sottoposti alla tutela dei beni culturali. Insomma quei graffiti, che si trovano nei seminterrati, non possono essere coperti, distrutti o rimossi dai muro senza l’autorizzazione della stessa Soprintendenza. Oggi Sgarbi difficilmente ripeterebbe quella definizione: «Era un’altra stagione – spiega – Sono stati travolti dalla velocità del tempo che ha portato a una visione più funzionalistica, meno decorativa e meno narrativa della vicenda culturale e politica milanese».

Lo sgombero «inevitabile»

Secondo Sgarbi ormai del Leoncavallo era rimasto appena il nome, rispetto a quel che è stato decenni fa. Proprio quel luogo «rappresenta una stagione che non ha più un’attualità nella vita culturale e sociale milanese». Insomma, secondo il critico d’arte «Le ragioni per le quali il Leoncavallo aveva un significato alla fine del Novecento sono finite». La percezione di oggi di quel posto è «astratta», continua Sgarbi che conclude: «Siamo davanti all’evoluzione di un fenomeno che era romantico ed è diventato invece accademico, senza la forza di incidere e cambiare la società».

Come sta Vittorio Sgarbi

Da qualche settimana, Sgarbi è tornato a pubblicare qualcosa sui social. Segnali di ripresa che lui stesso conferma con il ritorno al lavoro: «Riprenderò la mia attività a Ferrara e a Rovereto con iniziative e mostre di grande respiro… Un impegno che continua nel solco di quanto ho sempre fatto».

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