«Non vedo mia figlia da quattro anni». L’appello di Giusy Carruezzo: «Plagiata dal marito, ha bisogno di cure»


Da quattro anni non ha più notizie di sua figlia. La giornalista Giusy Carruezzo ha deciso di rompere il silenzio e di provare ad attirare l’attenzione di Sara Sinisi, 41 anni, con un gesto disperato: ha tappezzato i muri di Fasano, la sua città, con dei manifesti per chiedere aiuto e ritrovare un contatto con lei. «Non ho notizie di mia figlia da quattro anni. Chiedo solo di poter parlare con lei e, qualora non fosse intenzionata a riprendere i rapporti, almeno di avere contatti telefonici mensili» racconta in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno. Per Caruezzo, che ha già presentato un esposto alla Procura di Brindisi e si è rivolta ai servizi sociali, la figlia sarebbe vittima di una manipolazione psicologica messa in atto dal marito.
L’incontro con il marito
La storia inizia nel 1997, quando Sara, allora adolescente, incontra un ragazzo undici anni più grande: «Iniziarono a frequentarsi, poi lei si iscrisse a Giurisprudenza a Bari. Nel 2008 decise di lasciarlo: non ne poteva più di quella cerchia chiusa da cui era difficile uscire», racconta la madre riferendosi alla famiglia dell’uomo. Ma qualche anno più tardi, nel 2011, i due tornarono insieme e iniziarono a convivere. Da quel momento, secondo la madre, i rapporti con amici e parenti iniziarono a diradarsi fino a interrompersi quasi del tutto. «Dall’inizio della convivenza Sara progressivamente allentò i rapporti con le sue amiche di infanzia, con quelle dell’università, poi con i genitori e con tutti i parenti. E soprattutto interruppe i corsi all’università che non riprenderà più».
La rinuncia al telefono
Negli anni i rapporti tra Senisi e la famiglia non hanno fatto altro che allentarsi, con brevi momenti di riavvicinamento legati perlopiù a richieste economiche: «Sara si fece viva per avere prestiti, cinquemila euro solitamente, nonostante il mio bonifico mensile e una somma ingente dilapidata in poche settimane». Poi l’ulterioriore allontanamento, quando nel 2015, non si sa quanto volontariamente la figlia rinunciò al telefono: «Sara mi comunicò di non avere più il cellulare per “non essere turbata dalla mamma e dagli amici di Brindisi”». Ma secondo la madre quella fu solo una strategia «per obbligare amici e parenti a parlare solo attraverso il marito, che leggeva i messaggi e ascoltava le conversazioni».
L’appello della madre
A partire dal 2021, quelli che erano sporadici contatti sono diventati silenzi interminabili: Sara venne ricoverata d’urgenza e finì in coma. La madre lo venne a sapere solo anni dopo e nel frattempo il marito aveva ottenuto la nomina ad amministratore di sostegno, vivendo delle pensioni di invalidità e accompagnamento della moglie. «La misura è stata chiusa solo a gennaio 2024, con il ripristino della piena capacità di agire di Sara» racconta ora Giusy Carruezzo, che lancia un disperato appello alla figlia. «Io chiedo soltanto che mia figlia si curi in centri adeguati, come suggerito da uno dei Ctu nominati dal Tribunale, il polo specialistico Careggi di Firenze. Chiedo di potere parlare con lei. Il mio è un dolore immenso, come si può vivere senza avere notizie di una figlia in queste condizioni», spiega.