«Correte fino al muro», ma la lezione di educazione fisica finisce male: studente si frattura entrambi i polsi. Scuola condannata al risarcimento


«Correte fino al muro e poi tornate indietro». Un ordine apparentemente innocuo, uno dei tanti esercizi che scandiscono le ore di educazione fisica nelle palestre scolastiche. E invece, quel comando, impartito il 2 ottobre 2020 in un liceo scientifico della provincia di Caserta, è diventato l’inizio di un incubo per uno studente di terza superiore e per il suo docente. Perché quella corsa finì contro la parete della palestra: un impatto violento, le mani tese per attutire il colpo e un risultato non indifferente: una frattura bilaterale dell’epifisi distale del radio. Entrambi i polsi ingessati e settimane di immobilità delle mani. I genitori hanno deciso di fare causa alla scuola e ora è arrivata la sentenza del Tribunale di Napoli. Il giudice ha dato ragione ai genitori e ha sancito la responsabilità dell’istituto scolastico, condannandolo a risarcire oltre 17mila euro alla famiglia del ragazzo. Una sentenza che riaccende i riflettori su un principio giuridico ben noto: la scuola deve garantire vigilanza e sicurezza durante tutte le attività, comprese quelle sportive.
Una palestra troppo piccola e nessuna protezione
Il centro del caso, come riporta Orizzonte Scuola, sta in un dettaglio: tra la linea di fondo campo e la parete c’erano appena 50-60 centimetri. Uno spazio minimo, privo di materassi o rivestimenti antiurto. Troppo poco per fermarsi dopo uno scatto lanciato a tutta velocità. Durante il processo, la difesa della scuola ha insistito sul fatto che l’insegnante avesse ordinato di fermare la corsa ben prima, a dodici metri dalla parete, e che il ragazzo non avesse rispettato le indicazioni. Ma le testimonianze dei compagni di classe hanno raccontato un’altra verità. «Il professore ci disse di correre fino alla linea di fondo campo», hanno dichiarato due di loro, aggiungendo che l’esercizio si era trasformato in una gara di velocità tra coppie di alunni. Ancora più significativo: il docente, dopo aver visto i primi studenti correre fino in fondo senza rallentare, non intervenne per correggere. Il giudice ha così ritenuto più credibili i ragazzi e ha respinto la versione dell’insegnante, sostenendo come la mancanza di protezioni avesse reso l’attività intrinsecamente pericolosa.
Il conto salato per la scuola
La condanna è precisa nei numeri: 15.844 euro per il danno biologico e i 39 giorni di invalidità temporanea totale, calcolati con le tabelle del Tribunale di Milano, più 1.462 euro per le spese mediche sostenute dai genitori. Una somma complessiva di 17.306 euro, che tiene conto della giovane età del ragazzo e della particolare invalidità dovuta all’immobilità contemporanea di entrambe le mani. Ma il punto non è solo economico. La sentenza ribadisce un principio: la scuola ha il dovere di vigilanza che non ammette leggerezze. Non è lo studente a dover dimostrare la propria prudenza, ma è l’istituto a dover provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. In questo caso, la mancanza di spazio e di misure di sicurezza ha reso inevitabile la responsabilità della scuola.