Doccia fredda dalla Corte Ue per i docenti delle scuole paritarie: «Chi entra nelle statali riparte da zero sugli anni di servizio»


Addio definitivo alle speranze di migliaia di insegnanti delle scuole paritarie. Con una nuova sentenza, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha rigettato la richiesta presentata dal Tribunale di Padova di far riconoscere carriera, punteggi, e scatti stipendiali ai docenti che hanno insegnato nelle scuole paritarie e sono poi passati nelle statali. Il caso era partito dal ricorso di un docente che, dopo anni di insegnamento in una scuola paritaria, era stato assunto in una statale e chiedeva che quel servizio venisse valutato ai fini dell’anzianità. La Corte di Giustizia europea, esaminando la compatibilità della normativa italiana con il diritto europeo, ha confermato la piena legittimità di non riconoscergli niente: solo gli anni di servizio prestati nelle scuole statali possono essere utilizzati per ricostruzione di carriera, punteggi e scatti stipendiali. Gli anni trascorsi nelle paritarie non hanno valore giuridico ai fini economici e professionali. Il verdetto spegne le speranze di quasi 300mila docenti che erano rimasti con il fiato sospeso su questa sentenza.
La fine di una lunga battaglia giudiziaria
La decisione mette, infatti, la parola fine a una questione che i docenti sollevano da anni. Molti insegnanti avevano confidato in un ribaltamento, anche perché in passato l’Avvocata generale della Corte di Giustizia europea, Juliane Kokott, aveva sollevato dubbi sulla disparità di trattamento. Ma la Corte ha poi scelto la linea della continuità, confermando quanto già stabilito in Italia: la Corte costituzionale, con la sentenza n. 180 del 2021, aveva infatti dichiarato legittima la distinzione tra servizio nelle paritarie e servizio nello Stato. Le conseguenze sono pesanti: chi ha insegnato per anni nelle paritarie e poi è entrato nella scuola statale non vedrà riconosciuta quell’esperienza, né economicamente né a livello di progressione di carriera. Un colpo durissimo per tanti insegnanti che si sono formati tra stipendi ridotti e contratti precari, nella speranza che prima o poi quegli anni di gavetta avrebbero avuto un peso. Una strada che, peraltro, i docenti scelgono spesso: in attesa di riuscire a entrare nelle graduatorie delle supplenze della scuola pubblica, insegnano in quelle paritarie dove è più semplice accedere.
Il sindacato: «Capitolo chiuso sul piano giudiziario ma non politico»
La reazione del mondo della scuola non si è fatta attendere. Anief, il sindacato che più si era speso nella battaglia legale, parla di «capitolo chiuso sul piano giudiziario, ma non su quello politico». Dal punto di vista giuridico, il caso è chiuso: la normativa italiana è legittima, l’Europa non interverrà. Ma al sindacato e a migliaia di insegnanti resta l’amaro in bocca perché, ricorda Anief, «sono tantissimi i docenti entrati in ruolo con un trascorso nella scuola paritaria».