Gaza, riarmo, «resa» a Trump sui dazi: così il Parlamento Ue aspetta al varco Ursula von der Leyen


Da Strasburgo – Lasciata alle spalle una delle estati politicamente più turbolente della storia recente europea, anche per il Parlamento europeo è tempo di riaprire i battenti. Questa settimana, dall’8 all’11 settembre, i 720 eurodeputati tornano ad affollare aule, uffici e corridoi di Strasburgo per la prima sessione plenaria dopo la pausa estiva. Tutti gli occhi sono rivolti al discorso sullo stato dell’Unione che Ursula von der Leyen pronuncerà mercoledì mattina. Un appuntamento di routine, almeno in teoria, che serve a riflettere su ciò che è stato fatto nell’anno precedente e dettare le nuove priorità per l’anno a venire. Ma questa volta, complice il tumulto geopolitico e i malumori interni alla maggioranza, le insidie sono dietro l’angolo.
L’accordo sui dazi che non piace a nessuno
Sono almeno cinque le sfide che attendono al varco von der Leyen, su cui peraltro pende la minaccia di una nuova mozione di sfiducia – presentata dalla sinistra di The Left – che potrebbe essere messa ai voti in autunno. La prima, e più recente, riguarda la trattativa con gli Stati Uniti sui dazi. L’intesa strappata dalla leader dell’esecutivo Ue agli alleati d’oltreoceano è stata interpretata da molti come una vera e propria resa incondizionata a Donald Trump. Diversi capi di governo europeo hanno protestato contro l’accordo. E i socialisti, che pure fanno parte della maggioranza Ursula, promettono battaglia nelle aule del Parlamento europeo per ritoccare gli aspetti più controversi dell’intesa, anche a costo di costringere la politica tedesca a volare di nuovo a Washington e rinegoziare l’intero impianto dell’accordo commerciale.
Parlamento e Commissione ai ferri corti sul piano di riarmo
C’è poi la questione relativa alla difesa. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha convinto Bruxelles a spingere l’acceleratore sul tema della sicurezza, annunciando il noto e controverso piano di riarmo da 800 di miliardi di euro. Nel formulare questa proposta, von der Leyen ha deciso di optare per la procedura d’urgenza (ai sensi dell’articolo 122 del Trattato Ue) e bypassare totalmente il Parlamento europeo. Inutile dire che gli eurodeputati non l’hanno presa bene, perfino nei gruppi della maggioranza che sostiene la Commissione. L’Eurocamera ha dato seguito alla rabbia per l’esclusione rivolgendosi alla Corte di giustizia Ue per chiedere di annullare il regolamento su cui si basa il programma di riarmo e costringere l’esecutivo Ue a far passare dal Parlamento ogni futura decisione in proposito.

L’Ue «spettatrice» sulle crisi internazionali
Legato a doppio filo con la questione del riarmo c’è anche il destino dei due conflitti che più riguardano l’Europa da vicino: quello in Ucraina e quello a Gaza. In entrambi i casi, Bruxelles fatica a far sentire la propria voce e ha dimostrato di essere pressoché ininfluente nei negoziati di pace. Nel caso dell’Ucraina, è la cosiddetta Coalizione dei volenterosi a prendere l’iniziativa e cominciare a ragionare a quelle ormai famose garanzie di sicurezza che permettano a Kiev di stringere un accordo con Vladimir Putin. Sul Medio Oriente, la linea della Commissione europea è decisamente più prudente, anche troppo secondo alcuni. Nei giorni scorsi, è stata la spagnola Teresa Ribera – vice di von der Lyen – a rompere le fila e dichiarare che quello in corso a Gaza è a tutti gli effetti un genocidio. Un’uscita che non dev’essere piaciuta ai piani alti di Bruxelles, che infatti sono corsi ai ripari il giorno seguente chiarendo che spetta ai tribunali internazionali – e non alla Commissione europea – definire esattamente ciò che sta accadendo nell’enclave palestinese. Questa diversità di vedute tra i diversi gruppi politici è destinata a emergere con più chiarezza giovedì 11 settembre, quando a Strasburgo si voterà per la prima volta una mozione sulla disastrosa situazione umanitaria in cui versa Gaza.

Il rapporto Draghi dimenticato in un cassetto
Il caos geopolitico e commerciale ha finito per mettere in secondo piano quella che, al discorso sullo stato dell’Unione dello scorso anno, era stata definita come la priorità numero uno dell’Europa: il rilancio della competitività. A inizio 2025, von der Leyen ha anche annunciato una strategia onnicomprensiva che prometteva di tendere la mano alle aziende europee e aiutarle a competere sullo scenario internazionale. Un modo, insomma, per tramutare in misure concrete i suggerimenti proposti da Mario Draghi nel suo citatissimo report sulla competitività. Peccato che finora di concreto si sia visto ben poco. Secondo uno studio dello European Policy Innovation Council, dopo dodici mesi soltanto l’11% delle raccomandazioni contenute nel report è stato completato, mentre un quarto è rimasto lettera morta. Di recente, è stato lo stesso ex premier italiano a bocciare la linea di Bruxelles. «L’Unione europea ha creduto che la dimensione economica portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata», ha sentenziato Draghi dal palco del Meeting di Rimini. Sullo sfondo resta poi la battaglia politica sul prossimo Bilancio pluriennale, che stabilisce come l’Ue spenderà i propri fondi tra il 2028 e il 2034. La proposta presentata in estate dalla Commissione europea sembra aver scontentato quasi tutti e ha mostrato le divisioni interne allo stesso esecutivo.
Il Green Deal a pezzi e l’avvertimento dei socialisti
Infine, c’è un quinto e ultimo dossier che rischia di diventare molto scivoloso per Ursula von der Leyen: il Green Deal. Lo «shock di semplificazione» annunciato all’inizio del suo secondo mandato è andato a discapito di numerose leggi a tutela dell’ambiente e del clima, ritoccate o rinviate per andare incontro alle richieste delle imprese. Ma la nuova direzione imboccata da Bruxelles non è stata concordata con gli alleati di maggioranza. Anzi, ha rischiato di farla implodere. Per assicurarsi il supporto necessario e far approvare rinvii e semplificazioni, i Popolari si sono accordati con la destra di Ecr e l’estrema destra dei Patrioti, disegnando di fatto una maggioranza alternativa – seppur provvisoria – e mandando su tutte le furie liberali e socialisti. Questi ultimi hanno fatto capire che non intendono assistere a scene simili in futuro. E anche per questo si aspettano che von der Leyen offra qualche rassicurazione in tal senso nel discorso di mercoledì.

Foto copertina: EPA/Olivier Hoslet | Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, pronuncerà il discorso sullo stato dell’Unione mercoledì 11 settembre a Strasburgo