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Formigli contro Meloni: «Non accetta critiche. Sono 243 giorni che non parla con i cronisti»

10 Settembre 2025 - 08:35 Ugo Milano
corrado formigli giorgia meloni
corrado formigli giorgia meloni
Alla 500esima puntata di Piazzapulita, il conduttore di La7 ripercorre la sua carriera in un'intervista a Repubblica. E parla del difficile rapporto tra il governo attuale e la stampa

Sono passati 14 anni quasi tondi tondi e 499 puntate da quando per la prima volta Corrado Formigli è entrato nello studio di Piazzapulita. Quel 15 settembre 2011, con l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi in studio, il dibattito si incentrò sulla crisi del governo Berlusconi, destinato a cadere due mesi più tardi. Ora sempre di politica si parla, ma chi è al governo si sottrae all’occhio inquisitore del conduttore di La7: «Non sono partiti, sono caserme. Il divieto di comparire in trasmissione vale per tutti, fino all’ultimo consigliere i Fratelli d’Italia». Un “vizio” che secondo Formigli ha la sua origine dalla leader del partito, Giorgia Meloni.

Giorgia Meloni e i giornalisti: «Vuole solo quelli compiacenti»

«Sono 243 giorni che non fa una conferenza stampa aperta a tutti: è pessimo», sottolinea Formigli parlando a Concetto Vecchio di Repubblica. «È una donna intelligente, con una grande energia, ma rifiuta la critica giornalistica. Le piace solo la stampa compiacente, il ruolo ancillare del Tg1 e di Rete 4». Tutto viene riportato dalla premier a un livello politico: «Ti dice: se vuoi criticarmi ti devi candidare. Ma io faccio il giornalista, non mi faccio ridurre a fazione politica. Una premier non può parlare solo con chi le fa i complimenti». Tutti gli inviti recapitati a Palazzo Chigi, nella speranza che Meloni prendesse parte a una delle discussioni su Piazzapulita, sonno state rispedite al mittente: «Quando era all’opposizione veniva. Brava, con la risposta pronta. Ora non viene più per non darci soddisfazione, per non legittimarci. In compenso querelano. Arianna Meloni ha fatto una causa civile a La7, per denunciare una presunta campagna diffamatoria di Piazzapulita. Non so bene a cosa si riferisca. L’ho invitata in trasmissione. Un’intera puntata su di lei. Ha declinato».

Meloni e il Tg1: «Così è democrazia solo il giorno del voto»

Un atteggiamento che, secondo Formigli, mina le basi della democrazia: «Lei (Meloni, ndr) afferma su Instagram che il potere d’acquisto degli italiani è aumentato, un’evidente bugia, ma non può essere contraddetta. Ma così la democrazia vale solo il giorno in cui si vota, dai giorni successivi io penso soltanto a quelli che hanno votato per me». Così come è pericoloso l’ormai stretto legame tra Chigi e la Rai: «Il Freedom Act vieterebbe legami tra l’esecutivo e le tv pubbliche. Ma accettiamo come se niente fosse che il direttore del Tg1 possa andare a fare il portavoce di palazzo Chigi, squadernando in modo esplicito che il principale tg pubblico è il megafono del governo». 

Berlusconi e l’informazione: «Lui aveva rispetto, ma per colpa sua persi il lavoro»

E rispetto al passato? «Con l’editto bulgaro di Berlusconi persi il lavoro», ricorda Formigli in riferimento al violento attacco che il Cavaliere sferrò contro la Rai, in particolare contro i giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro. «Mi proposero di andare al Tg3, ma poi il capo del personale, amico di Previti, si mise di traverso. Non sapendo cosa fare iniziai a correre sui kart. Ma Berlusconi in confronto a questi aveva rispetto dell’informazione. Poi andò da Santoro, e fece il 33% di share». 

La doppia faccia della televisione: «Tiene in vita ma logora»

Negli anni, però, è cambiato radicalmente il modo di fare la televisione: «Era molto emotiva, c’era il pubblico che applaudiva. Ora l’ho tolto, così le cavolate che dicono gli ospiti rimbombano di più». Eppure quelle telecamere sono elisir «che tiene in vita» e che corrode, logora e invecchia: «È un mestiere artigianale, come fare il falegname. Devi iniziare dai fondamentali. Oggi invece la tv è considerata un premio a chi fa altro, è pieno di persone catapultate in prima serata senza aver fatto la gavetta». Anche quando, come Formigli, il sogno nel cassetto era fare il corrispondente estero per la carta stampata. Si fece notare, però, proprio con Santoro portando in trasmissione Loredana Berté dopo la morte di Mia Martini: «Santoro capì che ero un tipo determinato, e mi fece un bellissimo contratto per l’anno successivo: iniziai così a fare l’inviato». 

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