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La Global Sumud Flotilla e la giornalista cacciata: «Non è censura, ha rivelato dettagli sulle barche»

13 Settembre 2025 - 06:09 Alessandro D’Amato
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La portavoce della delegazione italiana Maria Elena Delia risponde a Francesca Del Vecchio

Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana sulla Global Sumud Flotilla, dice che la cacciata della giornalista Francesca Del Vecchio de La Stampa non è censura. «È una missione delicata, complicata, rischiosa. I giornalisti a bordo sono anche passeggeri, ospiti a contatto con gli equipaggi su piccole barche, in una lunga navigazione in situazioni di stress emotivo che richiede fiducia reciproca», sostiene in un’intervista al Fatto Quotidiano. «Ci siamo dati delle regole di sicurezza rigide per proteggerci. A Francesca Del Vecchio come a tutti, nei primi giorni, avevamo chiesto di non rivelare che le barche erano ad Augusta e dove facevamo il training», aggiunge.

La Global Sumud Flotilla e la giornalista

«Lei lo ha scritto e altri passeggeri sono rimasti disorientati. Spionaggi e sabotaggi sono rischi molto concreti se non certezze, vista la storia delle Flotillas pro Gaza e gli attentati dei giorni scorsi alle barche ancorate in Tunisia», conclude. Anche se venti barche ad Augusta difficilmente sfuggirebbero a qualcuno: «Il punto è il rapporto di fiducia: le era stato detto. È stato detto a tutti, non solo ai giornalisti». Sulla rimozione dalla chat, aggiunge, «il modo non è piaciuto neanche a me, ma non ho gestito io questa situazione. L’allontanamento è stato deciso da capitani ed equipaggi. Quegli articoli non li avevamo neanche letti, ce li hanno segnalati persone in procinto di imbarcarsi per le quali, ripeto, era venuto meno il rapporto di fiducia».

Giornalisti embedded

La Global Sumud Flotilla sembra volere solo giornalisti embedded: «No. Personalmente ho fatto tutto il possibile per avere il maggior numero di giornalisti sulle nostre barche. Media tradizionali e giornalisti indipendenti. Abbiamo grande rispetto per i media, che ringraziamo perché sono anche una forma di protezione per la missione. L’ho detto anche alla Federazione nazionale della stampa: la libertà di stampa non è e non sarà mai in discussione. Poi i media sono liberi anche di seguirci in altro modo, da lontano o su barche diverse».

La querela al Tempo

Dopo l’articolo, però, «tutti i sostenitori di Israele, che vogliono il fallimento della missione, ci stanno saltando sopra. Oggi abbiamo dovuto dare mandato agli avvocati di querelare Il Tempo. Il nostro obiettivo è quello di portare aiuti umanitari a Gaza. Con una missione nonviolenta della società civile. Che ha bisogno del più largo sostegno possibile».

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