Paolo Mendico suicida a 14 anni, i genitori contro la scuola. Gli insulti ignorati e l’accusa alla maestra che incitava i bulli: «Sapevano, non hanno fatto niente»


Paolo, 15enne di della provincia di Latina, si è ucciso il giorno prima di iniziare la seconda superiore. Si è suicidato perché a scuola, da anni, era vittima di bullismo. A dirlo sono i genitori, che in un’intervista a Repubblica hanno confermato quanto già scritto dal fratello in una lettera al ministro Valditara. «Nostro figlio è stato perseguitato, abbiamo denunciato tutto alla scuola ma nessuno ci ha mai ascoltati». Segnalazioni a cui non sono mai seguiti provvedimenti, secondo i genitori. E per questo il ministero dell’Istruzione ha disposto due ispezioni, per verificare le eventuali responsabilità degli istituti frequentati dallo studente negli ultimi anni. La procura di Cassino indaga per istigazione al suicidio.
Denunce già dalle elementari
La prima denuncia risale alla quinta elementare, formalizzata ai carabinieri e poi archiviata. «Un compagno ha puntato contro nostro figlio un cacciavite in plastica, diceva che lo doveva ammazzare. E la maestra non è intervenuta», racconta la madre. Non solo, secondo la famiglia l’insegnante avrebbe assistito alla scena inneggiando allo scontro. «Anziché prendere il controllo della situazione, urlava “rissa, rissa”», raccontano i genitori al Corriere della Sera. Gli atti di bullismo contro il ragazzo erano continui, a prescindere da classe e scuola: «Alle medie il bullismo dei professori. Poi sono arrivati gli apprezzamenti al primo anno dell’istituto informatico Pacinotti. Altro bullismo, altra sofferenza. Hanno cominciato a chiamarlo “Paoletta”, “femminuccia”, “Nino D’Angelo” per via dei suoi capelli biondi che amava portare lunghi».
La procura indaga per istigazione al suicidio
La nuova legge sul bullismo, varata a maggio dell’anno scorso, impone alle scuole di intervenire quando rilevano situazioni di bullismo. Un primo avvertimento consiste nel coinvolgere le famiglie, poi è prevista la denuncia alle autorità. La stessa cosa vale per il cyberbullismo. E infatti la procura di Cassino, che sta indagando seguendo l’ipotesi dell’istigazione al suicidio, ha sequestrato il telefono del 15enne alla ricerca di elementi utili. Prima di togliersi la vita, il ragazzo avrebbe chattato con la sorella e scritto sul gruppo di classe di tenergli il posto in prima fila. «Su 12 compagni di classe, solo uno è venuto al funerale di nostro figlio», conclude la famiglia.