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«Cicciona, fai schifo»: il padre condannato per body shaming in famiglia

24 Settembre 2025 - 06:31 Alba Romano
corte di cassazione padri separati assegno mantenimento
corte di cassazione padri separati assegno mantenimento
La Cassazione conferma una condanna per maltrattamenti. Il padre ha persino picchiato la figlia per ragioni di igiene alimentare

«Cicciona, fai schifo! Susciti repulsione in me e in chi ti guarda». Le offese ripetute ai familiari possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia. Lo dice una sentenza della Corte di Cassazione che risale al 15 settembre scorso. Il caso era quello di una condanna della Corte d’Appello di Venezia nei confronti di un padre che si rivolgeva così alla figlia di 11 anni. La frequenza reiterata è partita a gennaio e si è fermata a luglio 2020. Secondo i giudici, racconta Il Messaggero, il genitore «rivolgeva, con continuità, frasi denigratorie, ferendone la personalità e provocandone un regime di vita svilente, anche considerato la particolare vulnerabilità della stessa, all’epoca undicenne».

La Cassazione e i maltrattamenti

La madre della bambina ha parlato degli insulti che arrivavano durante le visite del padre. Che costituivano, secondo la donna, un’occasione «per perpetuare comportamenti svilenti e maltrattanti». La sorella dell’imputato lo ha descritto come un soggetto dall’insulto facile. I servizi sociali hanno confermato nella loro relazione l’atteggiamento del padre nei confronti della figlia. Il 28 luglio 2020 l’ha persino aggredita. Picchiandola per ragioni di «igiene alimentare». I giudici degli altri gradi avevano puntato anche sul «rilievo che assumono i giudizi paterni, se rivolti a una figlia che si trova al centro della propria evoluzione formativa».

Il caso di Verona

A marzo 2024 un altro padre ha ricevuto una condanna dal tribunale di Verona a 4 anni e 4 mesi per maltrattamenti sul figlio di 8 anni. Gli dava del ciccione e lo costringeva a digiunare per il Ramadan. Il Corano prevede questa pratica a partire dall’età della pubertà, a 12-15 anni. Il tunisino di 36 anni, residente a Verona, ha dovuto anche risarcire in sede civile le vittime dei soprusi familiari. Ovvero la moglie marocchina (che lo ha denunciato) e i due figli di 8 e 5 anni. Il primogenito era costretto a restare in casa. Perché il padre gli vietava «di giocare con i coetanei obbligandolo a guardare con lui la tv. Asserendo che i figli dovevano essere picchiati per educarli, e percuotendolo con schiaffi senza motivo».

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