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Laboratori e atelier, ad Arezzo gli artigiani trasformano la materia in bellezza – Il video

01 Ottobre 2025 - 14:58 in collaborazione con  Fondazione Arezzo Intour - Discover Arezzo | La Città delle Arti
Dall’antico mestiere del restauro alle nuove forme di ecoarte, passando per esperienze che intrecciano creatività e inclusione sociale, Arezzo continua a essere il cuore pulsante dell'artigianato

Non è solo la grande arte a rendere Arezzo una meta speciale. La città custodisce un’anima fatta di botteghe, laboratori e atelier dove le mani trasformano la materia in bellezza. Dall’antico mestiere del restauro alle nuove forme di ecoarte, passando per esperienze che intrecciano creatività e inclusione sociale, Arezzo continua a essere un laboratorio vivo. Le storie di Paola Baldetti, Marisa e Roberta Paggini, Andreina Carpenito raccontano un artigianato che non è semplice mestiere, ma cultura viva. Che sia restauro, ecoarte o un laboratorio sociale, ogni esperienza restituisce l’immagine di una città che non ha mai smesso di creare. Ad Arezzo l’artigianato è incontro, racconto, trasformazione. È il battito più autentico di una città che invita i visitatori a entrare nelle botteghe, a sporcarsi le mani, a respirare il ritmo lento e profondo di chi lavora con passione.

Paola Baldetti: «Quando si pulisce, riemerge la bellezza»

«Mi chiamo Paola Baldetti, faccio parte di R.I.C.E R:C.A., un gruppo che da quarant’anni si occupa di restauro», racconta davanti a un dipinto che prende nuova vita grazie al lavoro suo e di Marzia Benini. Il consorzio, una realtà d’eccellenza nel panorama del restauro artistico italiano, è nato dall’unione di competenze multidisciplinari e si dedica al restauro conservativo di beni artistici mobili e immobili. «Siamo nella fase della pulitura: si parte da solventi molto blandi, fino a trovare quello giusto che scioglie la materia depositata sopra. Quando l’abbiamo preso in mano non si vedeva niente, una volta pulito invece emergono tutti i dettagli, disegnati perfetti». Il restauro è il mestiere che ridà voce al passato. Grazie a professionisti come Paola e i suoi colleghi, le opere tornano a parlare e a mostrarsi in tutta la loro delicatezza. Una tradizione che ad Arezzo resiste e si rinnova, conservando la memoria artistica della città.

Marisa e Roberta Paggini: «Un’arte visionaria, fatta con i materiali che troviamo»

Anche reinventare la materia è una forma di artigianato. Ne sono convinte Marisa e Roberta Paggini, gemelle note come Le Esmerarte, che da 25 anni trasformano materiali di recupero in opere uniche. «La nostra è un’ecoarte», spiegano. «Interpretiamo le forme del ferro e del legno: li ripuliamo, li saldiamo, e poi li dipingiamo. Ci facciamo guidare da quello che la materia stessa ci suggerisce». Nelle loro mani, una palla militare rotta, un parafango arrugginito o il cerchione di una vecchia bicicletta diventano sculture visionarie. Un’arte che racconta il valore del riuso e che porta in città un linguaggio nuovo, capace di trasformare scarti in bellezza.

Andreina Giorgia Carpenito: «Qui dentro tutti sono indispensabili»

C’è poi chi ha fatto dell’artigianato un progetto non solo artistico, ma anche sociale. «Mi chiamo Andreina Giorgia Carpenito, lavoro in questa chiesa da 28 anni», racconta. È lei a guidare il mosaico più grande d’Europa, che nasce all’interno di una chiesa salvata dalla demolizione grazie al parroco Don Santi Chioccioli. «Ma non è solo un’opera d’arte – spiega -: è un’esperienza che coinvolge persone in semilibertà dal carcere, ragazzi di case-famiglia, persone con disabilità. Ognuno si mette a disposizione delle attività da svolgere ogni giorno. La commistione di tutte queste persone dà vita a un’opera attraverso una filosofia di vita: quella dello stare insieme. Qui dentro tutti sono indispensabili». Il mosaico diventa così un simbolo: non solo un patrimonio da ammirare, ma il frutto di un percorso collettivo che unisce creatività e inclusione.

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