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Beatrice Venezi, Beppe Vessicchio a Open: «Non condivido le sue idee, ma solidarizzo con lei. Ne parlavano tutti bene prima che dicesse per chi votava. Poi commenti sgradevoli» – L’intervista

03 Ottobre 2025 - 13:09 Cecilia Dardana
peppe vessicchio beatrice venezi
peppe vessicchio beatrice venezi
Secondo il noto direttore d'orchestra sono stati commessi degli errori, da chi l'ha nominata, di cui Venezi sta pagando le conseguenze: «Avrebbero dovuto organizzare un confronto riservato con l'orchestra»

«Ciò che sembra sia accaduto, totale assenza di concertazione, segnala un evidente cortocircuito tra il governo centrale, quello cittadino e le maestranze artistiche. Diciamo che è saltata la luce. L’unico che paga le conseguenze è il direttore musicale nominato». È la lettura che dà a Open Beppe Vessicchio, noto direttore d’orchestra, dell’affaire Beatrice Venezi, che ancora non accenna a placarsi. Dopo la nomina a direttrice musicale del Teatro La Fenice di Venezia, a partire dall’ottobre del 2026 fino al marzo del 2030, e le polemiche che ne sono conseguite, la 35enne ha rispedito le critiche al mittente e ha fatto sapere che adotterà vie legali. Venezi ha, infatti, incaricato l’avvocata Giulia Bongiorno, che è anche senatrice in quota Lega e presidente della commissione Giustizia di palazzo Madama. Oltre ai musicisti e ai lavoratori della Fenice (e non solo), che hanno avuto da ridire sulla scarsa trasparenza con cui è avvenuta la nomina e sul curriculum di Venezi «non adatto» a ricoprire l’incarico affidatole, i detrattori hanno contestato anche il pensiero politico della neo-direttrice d’orchestra, da sempre vicina a Giorgia Meloni. «Fino a quando non ha esternato la sua vicinanza ad alcuni movimenti che accompagnano l’attuale governo, ho sentito parlare solo bene di Beatrice Venezi in quanto direttore. Dopo non è stato più così», conferma anche Vessicchio.

Maestro, cosa ne pensa della vicenda che sta investendo Beatrice Venezi?

Penso sia una vicenda sgradevole. Per tutti. Per la Venezi, per i titolari dell’orchestra, per il sovrintendente, per la direzione del teatro arrivando fino a coloro che, addetti alla pubblica notizia, sentono di dover sostenere l’una o l’altra parte che si contrappone. Comunque sia è sgradevole. Mi chiedo: sarà accaduto in precedenza che una nomina di questa importanza, dopo un lecito confronto tra le parti sia stata accolta o rigettata? Penso proprio di sì. Perché si è arrivato a questo? Adesso la veemenza delle reciproche accuse, alimentate da un clima sociale già incandescente, sta amplificando la questione rischiando di distorcerne i tratti.

Venezi è veramente all’altezza del ruolo che le hanno affidato, secondo lei?

Provo a fare chiarezza. I direttori possiamo dividerli in due macro aree: quelli che hanno gli strumenti accademici per indirizzare i professori verso la prescelta lettura critico-interpretativa di un’opera, sinfonica o lirica che sia, e quelli a cui manca o l’una o l’altra cosa. Questi ultimi tendono naturalmente a scomparire perché non valorizzano né le orchestre né i contenuti che suonano. Considerando che Beatrice Venezi, se pur giovane, è da un bel po’ che dirige misurandosi anche con partiture complesse, mi sembra evidente che appartenga alla prima macro area. Significa che come direttore sa fare quello che fa. Non ho avuto il piacere di incontrarla di persona ma anni fa ha diretto un mio lavoro per organico cameristico commissionatomi dall’editore Sonzogno. Mi fu inviata poi la registrazione audio del concerto nel quale ritrovai gli effetti, le dinamiche e le sonorità che avevo immaginato. Il merito era stato suo e dei fantastici solisti presenti quella sera. Non mancai di farglielo sapere. Ascoltai anche il lungo scroscio di applausi e la richiesta di bis. Questo è bene affermarlo perché almeno non si metta in dubbio questo aspetto. Certo, il ruolo di “direttore musicale” di un teatro richiede anche altre competenze come indagare il mercato di questo settore, gestire un budget, ingaggiare artisti e pianificare i programmi di intere stagioni. Se ha i requisiti per assolvere questo compito non lo so. Mi sembra brillante, intraprendente, decisa, insomma, potrebbe anche essere all’altezza. Non ho però gli elementi di cui dispone il sovrintendente che le ha dato l’incarico.

C’è chi dice che non ha il curriculum adatto, anche comparandolo a chi l’ha preceduta al Teatro La Fenice. Lei cosa ne pensa?

Può essere, è il gap degli artisti giovani in questo settore. Negli ultimi vent’anni c’è stata la corsa all’ingaggio di giovani talentuosi, in ogni ruolo. Se poi di gradevole immagine, ancora meglio. La Venezi non è l’unica né la prima di questo recente corso. Prima degli anni ’70 era richiesta più gavetta e si arrivava in certe posizioni con le tempie imbiancate. Sarei invece curioso di sapere degli altri candidati e, casomai, del raffronto con i loro di curriculum.

Che peso ha avuto la politica in questa vicenda secondo lei?

Per risponderle basta confrontare i commenti di La Repubblica e quelli pubblicati, per esempio, da La verità. È straordinario osservare con quanto cinico impegno la politica strumentalizza la vicenda. È un periodo complesso della nostra storia dove l’incredibile influenza dell’economia, la ricerca del consenso ad ogni costo e lo smarrimento di senso unitario deteriorano giorno per giorno l’esercizio più ambito di sempre: il potere. Sono diversi decenni che il potere aggira le regole, talvolta in maniera demagogica, apparentemente democratica fino a muoversi con esplicita arroganza.

In un teatro d’opera o in un teatro lirico-sinfonico, il rapporto fiduciario tra direttore musicale e orchestra è imprescindibile. Secondo lei, arrivati a questo punto, è compromesso?

In ogni ambito il rapporto fiduciario tra la dirigenza e gli altri comparti è il presupposto di un buon risultato, ma è bene che si sappia: non c’è mai il plebiscito. Ho vari amici strumentisti che ricoprono ruoli chiave in orchestre blasonate sia nazionali che straniere e quando chiedo come valutano quel tale direttore piuttosto che un altro col quale hanno collaborato, i pareri sono molto spesso discordanti. Questo ci dice che la faccenda è delicata perché solo in parte riguarda le capacità tecniche, i titoli accademici, il curriculum e quant’altro. Certe controversie sono tipiche del settore, esistono da sempre. C’è il direttore che rumina, l’altro che urla durante i crescendo, uno troppo energico, un altro poco espansivo. Caratteristiche che alcuni professori percepiscono come pregio mentre altri vivono con fastidio. Ma le cose vanno avanti. Sono argomenti da spogliatoio. Non è in dubbio il cuore delle capacità. Sono considerazioni che esternate pubblicamente creano confusione e inutili danni. Anche Toscanini, monumento storico nazionale della direzione d’orchestra, subì critiche. A Ravel non piacque per nulla il modo in cui diresse il suo famoso Bolero. Ecco, chi partecipa alla giostra della musica sa di dover fare i conti con il parere variabile degli altri. Il compromesso? Tutti i membri dell’orchestra, direttore compreso, per arrivare ad occupare i rispettivi ruoli hanno sgobbato anni ed anni con ore di studio giornaliero, con una abnegazione sostenibile solo da una forte vocazione. Credo che soltanto risvegliando queste profonde motivazioni, solo attraverso un esercizio sincero e puro della musica è possibile generare le condizioni per una possibile intesa. Se le antenne, però, sono incrostate da inutile orgoglio, frustrazione occupazionale e atteggiamenti difensivi pregiudiziali è difficile che sussistano i margini per il compromesso.

Se lei fosse nella posizione del sovrintendente o della direzione del teatro, come si sarebbe mosso per mediare le tensioni tra i vari attori?

Il sovrintendente è nominato dal ministro ed il direttore del teatro dal CDA della fondazione cittadina, comunque con il benestare governativo. L’orchestra è un punto di riferimento stabile per cui, credo, che la consultazione sia quanto meno opportuna. Città e pubblico, per definizione, devono fidarsi del teatro nella figura del suo direttore e del sovrintendente. Vede, io sono un appassionato di polifonia, ambito nel quale l’indipendenza delle parti grazie alle regole dell’armonia può generare magicamente un tessuto saldo e coerente. Il risultato, dal punto di vista della fisica naturale, è un insieme di note i cui armonici, come dei piccoli satelliti che costellano il cielo della musica, vibrano nell’aria senza conflittualità, senza battimenti, cioè in pace. Arrivo quindi alla risposta: avrei preteso un confronto riservato tra le parti. Faticoso? Snervante? No. Doveroso per poter esporre alle altre parti le ragioni di una scelta ed affrontare poi la realtà che emerge prima che reazioni inconsulte intorbidino l’ambiente. Lo so che il mondo sta andando in un’altra direzione, verso l’esercizio dimostrativo dei propri muscoli ma per dormire sereno io ho bisogno di sapere di aver fatto tutto il possibile per “comporre” armonicamente quello che mi è stato richiesto, anche a costo di deludere le aspettative di chi dall’alto mi ha promosso nel ruolo. Se fossi veramente convinto della mia scelta ovviamente, alle brutte, non esiterei a patteggiare cercando di ottenere in cambio l’occasione per dimostrare che ho ragione. Ciò che invece sembra sia accaduto, totale assenza di concertazione, segnala un evidente cortocircuito tra il governo centrale, quello cittadino e le maestranze artistiche. Diciamo che è saltata la luce. L’unico che paga le conseguenze è il direttore musicale nominato. Lo dico con sincerità, ho un moto di solidarietà verso il direttore Venezi per questa vicenda pur essendo distante dal suo ideale politico sociale.

Crede che alcune delle critiche che stanno emergendo nei confronti Venezi possano avere motivazioni “non solo musicali” (preconcetti di genere, visibilità politica, polarizzazione culturale)?

Fino a quando non ha esternato la sua vicinanza ad alcuni movimenti che accompagnano l’attuale governo, ho sentito parlare solo bene di Beatrice Venezi in quanto direttore. Dopo non è stato più così ed i commenti sul suo operato sono stati meno benevoli ed in alcuni casi anche sgradevoli. La supposizione poi dei vantaggi che avrebbe riscosso grazie all’affiliazione dichiarata ha finito per inquinare anche la percezione di quello che sa fare e che magari realmente merita. Un amico osservava che se “non tutti i mali vengono per nuocere” anche “il bene non sempre viene per premiare”.

Come si dovrebbe muovere Venezi ora? E il Teatro?

La Venezi conosce meglio di chiunque altro i meandri di questa faccenda per cui non ho consigli da darle se non quello di tuffarsi nella musica, la musica che veramente ama, con la quale ha scambiato reciproco affetto, senza smentite o sgradevoli sorprese. La musica, nella sua essenza, è pace, unione, condivisione. Sorriso e gioia, magari mentre piangi. Riguardo al teatro, casa della cultura di ogni comunità, suggerirei di riaccendere la corrente che è saltata e far luce, per il bene di tutti.

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