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Tajani e i «cattivi maestri» delle piazze. «Noi pronti a ricostruire e riunificare la Palestina». L’ipotesi dei carabinieri a Gaza

05 Ottobre 2025 - 09:36 Stefania Carboni
tajani gaza
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Il ministro degli Esteri al Corriere: «I Carabinieri sono già in Cisgiordania, gli italiani sono ben visti e questo potrebbe essere utile»

«Non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo, ma la pace a Gaza è più vicina. Confido nel lavoro di Turchia, Qatar ed Egitto per convincere definitivamente Hamas, e negli Usa per influire su Israele. Mancano poche ore all’anniversario di quel tragico 7 ottobre, questa guerra deve finire». Queste le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani, in un’intervista al Corriere della Sera, sottolineando che «siamo pronti a partecipare a un processo politico post-guerra per la ricostruzione e riunificazione della Palestina, con la possibilità di schierare eventualmente nostri militari. I Carabinieri sono già in Cisgiordania, gli italiani sono ben visti e questo potrebbe essere utile».

«Si può scrivere ‘fascista di m…’ sulla statua di Wojtyla?»

Sulle critiche ricevute dalla piazza il ministro dice di essere «a posto» con la coscienza. «Quali sarebbero le colpe del governo?», chiede. «Abbiamo detto sì alle sanzioni per i coloni e per alcuni ministri». E ancora: «Sin dall’inizio ci hanno dipinti a testa in giù e si sono visti anche striscioni che inneggiavano al 7 ottobre. Sono cattivi maestri. Se qualcuno lo grida in Parlamento, poi lo fa anche la piazza. A me interessa che mi ringrazi il palestinese, più che il manifestante di sinistra». «Serve – ha aggiunto – anche un linguaggio diverso da parte delle opposizioni. Si può incitare a sfasciare le vetrine per la rabbia popolare, come ha fatto in Aula Ricciardi innanzi a Conte? Si può scrivere ‘fascista di m…’ sulla statua di Wojtyla?».

«Sulla Flotilla abbiamo fatto il nostro dovere»

Sul caso Flotilla spiega Tajani «siamo intervenuti continuamente, con forza, perché i nostri connazionali non fossero trattati come terroristi e li stiamo facendo tornare tutti in Italia. Era una missione legittima, ma politica. Lo hanno detto loro. Noi abbiamo fatto il nostro dovere. Li abbiamo informati dei rischi in zona di guerra, abbiamo garantito l’assistenza dell’Unità di crisi. Non potevamo avvicinarci di più con la Marina e rischiare un conflitto militare con Israele».

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